Contro la guerra dei potenti…

"Ora e sempre disobbedienti..."

Certo che per venire a fare i disobbedienti a Venezia un po' criminali bisogna esserlo...
Doppio corteo oggi contro la Nato. Il primo fatto da Rifondazione e da frange della Margherita: una pacifica "catena umana" di protesta al Lido (sottolineo il fatto che il sindaco di Venezia ha presenziato all'assemblea. Da notarsi che il suddetto sindaco senza i voti di Rifondazione 'sti cazzi che veniva eletto. Ma la politica italiana, si sa, è priva di coerenza...).
Il secondo ad opera dei disobbedienti guidati da Luca Casarini in persona.
Strano personaggio che anni fa reclutava nei licei le sue tute bianche con un accento veneto tanto marcato che c'è solo da vergognarsi a sentirlo parlare.
E alla fine la guerriglia non l'hanno fatta al congresso, ma per le strade di Venezia, davanti al "Teatro la Fenice", tra i passanti e i curiosi.
Mi tornano in mente gli espropri proletari (assolutamente da leggere questo appello) assieme all'immagine di Casarini che riduce in brandelli il suo foglio di via in sulla pubblica piazza.
Per quanto mi ci sforzi non riesco a vedere tutto questo come un qualcosa di civile. Non ce la faccio proprio.
Tra le frasi che amo tirare giù dai miei film preferiti c'è anche questa: "a volte bisogna infrangere le regole per rimettere a posto le cose" (Le regole della casa del sidro).
Io posso anche essere d'accordo con questo concetto, però per quel poco che mi riguarda per poter infrangere le regole bisogna conoscerle a fondo. Non è che vado ad infrangere tutte le regole per partito preso, per principio, per provocazione.
La protesta dei disobbedienti nel cuore di Venezia, proprio davanti a quel teatro che è costato lacrime di sangue a chi vive questa città, mi è sembrata solo una provocazione, tanto dannosa quanto inutile.
E ho perso mezz'ora del mio tempo a riflettere sul fatto che in fondo definirsi disobbediente era solo darsi un'etichetta come un'altra, un alibi qualsiasi. Non v'è meno ipocrisia tra i disobbedienti che tra i parlamentari.
Che mondo triste...

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