Shi Tao è un giornalista cinese arrestato il 23 Novembre scorso con l'accusa di "avere diffuso all'estero dei segreti di stato". Nello specifico, Shi Tao sarebbe colpevole di avere fornito ad un sito internet straniero una copia della circolare con la quale il governo ordinava ai giornalisti di osservare "prudenza" in occasione del quindicesimo anniversario del sanguinoso eccidio di Piazza Tienanmen.
Shi Tao è stato condannato in primo grado a scontare dieci anni di reclusione. Durante il processo di secondo grado, la Corte di appello non ha ascoltato le motivazioni della difesa, ha rifiutato di rispondere alle osservazioni degli avvocati difensori e ha proibito al pubblico le udienze, in palese violazione delle leggi vigenti in Cina.
Fin qui, c'è poco di nuovo. Nella follia della dittatura comunista in Cina, la libertà d'espressione è probabilmente uno dei diritti umani violati con più metodicità e disprezzo (se volete saperne qualcosa in più su come funziona la Cina del dopo-Mao, leggete l'ottimo La porta proibita, di Tiziano Terzani).
Torniamo a Shi Tao. Cosa ha di diverso questo giornalista dalle centinaia di cittadini cinesi puniti per le loro opinioni dalla Rivoluzione Culturale ad oggi?
La differenza sta nel fatto che questa volta una famosa multinazionale occidentale ha aiutato la polizia cinese a rintracciare il giornalista: la filiale di Hong Kong di Yahoo.com ha fornito alla polizia cinese le informazioni contenute nell'account di posta di Shi Tao.
Senza andare troppo per il sottile, credo che si stia ponendo già da tempo un problema di coerenza per queste multinazionali del web. Colossi del calibro di Yahoo! o Google, se veramente vogliono portare avanti la mission che sbandierano un giorno sì e l'altro pure di "rendere ogni genere di informazione sempre più accessibile a sempre più persone", dovrebbero imporsi sempre più come garanti della libertà di espressione - avrebbero sia il prestigio internazionale che i quattrini per farlo, e ne guadagnerebbero in entrambi - e non piegarsi al volere di meschini interessi politici pur di ottenere un'altra fetta di mercato da colonizzare.
E' questa la loro sfida, la loro vera mission, ed è su questo che si misureranno la loro credibilità e il loro successo come protagonisti nella diffusione delle informazioni nel terzo millennio.
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