Non così fan tutti (ma alcuni sì)

Torno a parlare dello scandalo sul calcio dopo un paio di settimane ora che finalmente il quadro sembra completo.
Le informative dei carabinieri sono totalmente pubbliche o almeno così pare, la violazione del segreto istruttorio ha travalicato ogni limite, con la pubblicazione integrale di un dossier su L'Espresso ancora prima che questo fosse trasmesso alla Procura di Napoli che l'aveva richiesto, con tanto di numero di telefonino personale di Marcello Lippi non "oscurato".
Una forma di riconoscimento ufficiale della preminenza del giudizio "della piazza" su quello dei tribunali.
Dalle carte (credo di aver letto davvero tutto il possibile) mi sono convinto che l'inchiesta penale finirà in un nulla di fatto. L'ipotesi di "associazione per delinquere" è tirata per i capelli, lo scopo dei giudici di Napoli è chiaro: mantenere un'inchiesta ed un eventuale processo con altissima visibilità mediatica nelle proprie mani. La concorrenza della Procura di Torino e di quella di Roma si sta già affacciando all'orizzonte, difficile che un eventuale processo resti a Napoli che appare priva dei requisiti minimi di competenza territoriale.
Sono poche, fra le centinaia di telefonate registrate e trascritte, quelle che si configurano come prove non deduttive del reato di Truffa Sportiva. In particolare si tratta delle telefonate fra l'arbitro De Santis e l'ex vice-presidente della Figc Innocenzo Mazzini riguardanti le partite Lecce-Parma e Livorno-Siena del campionato 2004/05. In quelle conversazioni è proprio l'arbitro De Santis a fare chiari riferimenti sul previsto condizionamento del regolare svolgimento delle gare, non si tratta di osservazioni fatte per "interposta persona".


Su tutto il resto del materiale raccolto la giustizia ordinaria potrà fare poco, credo sostanzialmente nulla.
Quello che più interessa me, come il resto dei calciofili italiani, è l'esito del processo sportivo appena avviato dal nuovo Capo dell'Ufficio Indagini Saverio Borrelli.
Qui non si dovranno comminare anni di carcere e pene pecuniarie, ma punti di penalizzazione in classifica, squalifiche sportive, retrocessioni e revoche dei titoli assegnati. Roba seria, insomma.
Regolamenti federali alla mano la posizione di Borrelli prima, che dovrà formulare le richieste di pena, e dei giudici sportivi poi, che dovranno comminarle, è chiara.
Dovranno prendere una decisione su dove inquadrare una nuova fattispecie di comportamento, oggettivamente poco etico, che questo scandalo ha messo sotto gli occhi di tutti: pressioni, influenze, indicazioni e richieste di arbitri da inserire nelle griglie per il sorteggio (sulla cui regolarità sono stati sollevati sospetti non comprovati quindi non considerabili) e guardalinee da designare.
Alla fine, tirando le somme, di questo stiamo parlando non di un illecito sportivo chiaro e "classico" nella forma. Non ci sono telefonate in cui Moggi, tanto per fare un esempio a caso, parla con un arbitro, con un guardalinee o con un designatore per chiedere un comportamento teso a favorire la Juventus o qualsiasi altra squadra.  Lo stesso vale per le altre squadre coinvolte, mi riferisco alla Fiorentina, al Milan, alla Lazio, alla Reggina e al Messina. In tutti questi casi i dirigenti di queste squadre, a volte i presidenti stessi, telefonano ai designatori o a chi per loro allo scopo di ottenere "attenzione", "un occhio di riguardo" nella scelta dei direttori di gara e/o guardalinee per loro prossime partite o si lamentano, protestano, perchè non vogliono più la designazione di direttori di gara che ritengono siano "prevenuti" nei confronti della loro squadra.

Quello che è evidente e solare è la commistione, la vicinanza, la manovrabilità, la disponibilità dei designatori ad assorbire queste pressioni, a giocare su due o tre tavoli contemporaneamente allo scopo di accontentare volta per volta la squadra che "si fa sentire" di più, preservando con spregiudicati bizantinismi equilibri politici e di potere interni incancreniti dalla convergenza di forti interessi economici intorno al mondo del calcio.

Resta da stabilire, e non sono i bar dove ci si ammazza a mani nude per un litigio i luoghi preposti per questa decisione, se questi atteggiamenti siano da inquadrare come "Illeciti Sportivi", vale a dire violazioni dell'Art. 6 del Codice Sportivo alle quali consegue la penalizzazione in punti, la retrocessione e la revoca dei titoli sportivi per le squadre coinvolte, o come comportamenti che ledono "la probità e la lealtà sportiva", vale a dire violazioni dell'Art. 1 del Codice Sportivo per le quali sono previste squalifiche, anche a vita, dei dirigenti ritenuti colpevoli.

Nel momento in cui si sarà deciso questo, e il verdetto in merito non è scontato, tutte le squadre "colpevoli" dovrebbero essere punite in una maniera più o meno uniforme.
Per chiunque sia vagamente lucido è difforme dalla realtà dei contenuti delle chiamate intercettate la "classifica dei cattivi" che i giornali si sono divertiti a fare con scarisissima imparzialità e nella quale la Juventus è invariabilmente piazzata al primo posto. Tanto per fare un esempio è chiaro quello che si vuol far dedurre con l'equilibratissimo dossier di Repubblica nel quale non risultano intercettazioni che non coinvolgano Luciano Moggi.
Non è dalla deduttiva ricostruzione a posteriori e a senso unico delle moviole postume e dei risultati ottenuti che si attribuiscono le responsabilità in sede di giudizio, dovrebbero bastare i 9 mesi e le 10mila pagine di intercettazioni a provare l'illecito.

Per ora l'unica cosa che si è stabilita per certo è che, comunque la si voglia chiamare questa "cosa", tutte le squadre coinvolte ne sono protagoniste.

7 Responses to “Non così fan tutti (ma alcuni sì)”


cribbio
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