Partiamo dal pomeriggio, quando la Germania ha scavalcato ai rigori l'Argentina che si è permessa di lasciare in panchina Messi. Emblematica partita di un intero mondiale, dove il giocatore destinato ad essere il talentino del mondiale rimane a guardare una sfida fondamentalmente noiosa, una sfida di blasone e di nervi prima ancora che di brillanti giocate. E' impossibile ovviamente pretenderle in un torneo che si gioca a fine giugno, con giocatori reduci da 60 partite stagionali, ma non abbiamo ancora assistito all'affermarsi di un giocatore per valenze stilistiche. Ci sono i difensori rocciosi e i centrocampisti solidi, e qualche bellissimo gol dalla lunga distanza. L'azione migliore rimane l'unica dell'Argentina, contro la Serbia, che non è stata più capace di riprodurne e infatti se ne torna a casa. Arrivano inevitabili i calci di rigore per stabilire quale tra le due Storiche Squadre debba proseguire. Solo affidandosi al caso si poteva dirimedere una sfida altrimenti pari, dove la Germania affrontava per la prima volta un avversario solido e l'Argentina manteneva il ritmo compassato delle ultime esibizioni. La morale a mio avviso è che si tratta di Mondiale delle tradizioni, del ristabilire le gerarchie sfruttando soprattutto armi poco appariscenti quali storia, blasone, tradizione, agonismo e concretezza. Lo sta facendo una Germania niente affatto eccezionale, e lo ha fatto anche la nostra Italia, che impallina con tre reti una modesta e appagata Ucraina. Abbiamo segnato 3 reti contro una squadra forse inferiore all'Australia, perchè priva di quel ardore agonistico che cementifica la compagine di Hiddink (e anche la nazionale statunitense). Squadre in ogni caso a noi inferiori, per superarle è bastato usare buonsenso, concentrazione e solidità, il tutto inaffiato con un pizzico di fortuna. La paratona di Buffon e la traversa di Gusin sono stati l'ennesimo snodo episodico, superato il quale è stata tutta discesa. I nostri migliori giocatori in questo mondiale sono di stampo difensivo: Cannavaro è francamente inquietante per il suo pazzesco rendimento, Buffon para, Gattuso piovra del centrocampo, Zambrotta è un giocatore unico che nessun'altra nazionale può disporre. Totti colpisce di tacco, ma non è lui il faro della squadra, e nemmeno Toni, finalmente sbloccatosi. Il faro forse è Lippi con i suoi pregi e difetti, spiacerà ai suoi moltissimi detrattori, ma ieri non ha sbagliato nulla, pur non inventandosi nessuna mossa eclatante. Sta tenendo insieme la squadra come logica impone, sta facendo giocare tutti i giocatori (mancano solo i 2 portieri di riserva) potendoselo permettere avendo sempre incontrato squadre inferiori. Sta impostando la squadra perchè rimanga sempre all'erta, galleggiando continuamente senza mai affondare. Così è sempre ossigeno per i nostri polmoni, mai affanni e mai grandi esaltazioni. E' la vittoria del buon senso, della pragmaticità senza sfociare nel cinismo: l'Italia assomiglia a una berlina italiana dotata di buone prestazioni, scarse rifinutre degli interni, poco sprint magari, ma che può assicurare una lunga percorrenza nel tragitto che porta fino a Berlino. C'è da festeggiare, per aver raggiunto le semifinale, insperabile perchè non si nutriva più la fiducia di poter vivere un mondiale in modo "normale". Il trionfo della semplicità, una conferma di quello che eravamo ma che non riuscivamo più ad essere, tentando di essere altro, finendo per essere peggio. Ora siamo, senza aggettivi. Siamo tra le prime quattro squadre al mondo, e siamo arrivati a questo traguardo in modo molto lineare, senza strafare nè sprofondare. Parrebbe quasi il trionfo della mediocrità, detto così. E' la vittoria della lucidità e della serietà, e visto lo scenario circostante, è già di per se un luminoso effetto speciale.
2 Responses to “Elementare, Lippi”