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Interminabile sciagura
di Fabio Zecchi fazek@libero.it 
3 settembre 2000

In questi ultimi 11 anni abbiamo assistito al susseguirsi di diversi cicli. Alla ribalta del panorama italiano è giunto prima il Milan di Sacchi e in seguito di Capello, che ha fatto incetta di coppe e scudetti, poi è subentrata la Juventus di Lippi e oggi sembra che la Lazio di Eriksson, supportata dai miliardi del patron Cragnotti sia ben attrezzata per iniziare una cavalcata di successi. Si tratta tutti di cicli durati qualche anno, tutti diversi fra loro per proporzione degli investimenti, stili di gioco, mentalità. Tutte queste squadre citate, sebbene attraverso strade diverse, sono però riuscite a vincere. Ma negli ultimi 11 anni, dall’ormai lontanissimo 1989, un ciclo ha resistito, sopportando cambi di allenatori, presidenti, giocatori. Un ciclo privo di trofei significativi e ricchissimo di amarezze. Stiamo parlando dell’Inter, ridotta a sbiadito ricordo della Grande Inter figlia di Dio che fu e chissà quando mai sarà ancora.

Sarebbe riduttivo limitare il discorso al piano esclusivamente tecnico, tale è la portata, vale a dire lo scandalo, di questa incredibile regolarità di insuccessi. Se oggi l’Inter è oggetto di derisioni da buona parte d’Italia, la questione non può essere soltanto di carattere tecnico. Il male oscuro che la affligge è profondo e radicato, e riguarda aspetti quali l’ambiente, la mentalità, le figure umane che hanno tentato di reggere le sorti della Beneamata.

Tralasceremo di occuparci dell’epoca di Pellegrini, presidente fino al 1994, poiché troppo distante per mezzi finanziari e troppo diversa per uomini da quella di Moratti Massimo, figlio del mitico Angelo, che come un innamorato folle è disposto a tutto pur di soddisfare la sua amata. Moratti è un presidente dotato di stile e, soprattutto, di soldi, molti soldi. Forse troppi per chi, ormai è più che un sospetto, non ha le conoscenze adeguate. Sull’onda della sua passione, si è letteralmente fumato miliardi su miliardi acquistando decine di giocatori, ogni anno il bilancio del mercato è costantemente in rosso, l’ultimo, tanto per fare un esempio, di 50 miliardi. Pochi, alla fine, si sono rivelati degni giocatori del campionato italiano. In una sola, delirante stagione è addirittura riuscito ad ingaggiare quattro allenatori. Si è prima circondato di vecchie glorie dell’Inter, insediandole in importanti incarichi societari, fidandosi più del mito che si portavano dietro che delle loro effettive capacità. Moratti è finito vittima di un equivoco: generosità non significa necessariamente intelligenza, non comporta essere al di sopra di ogni colpa, mentre, in alcuni casi, generosità vuol dire ingenuità. Bisogna in sostanza sapersi dosare, saper spendere, saper decidere e dirigere. Questo Moratti non sa farlo, o almeno, non completamente. E’ pur vero che l’Inter senza i Moratti sarebbe ben poco. Senza, non sarebbe arrivato il vero grande e forse unico colpo di mercato, Ronaldo, ma, diciamo così, la sfortuna lo ha cancellato dalla scena calcistica. L’errore più grande di Moratti è stato quello ci cacciare via un onesto tecnico, Gigi Simoni, finora l’unico che è stato in grado di condurre l’Inter a un campionato di vertice, poi esonerato in nome del “bel gioco”. Da una possibile costruzione di una squadra solida al totale disfacimento il passo è stato breve quanto doloroso. Sono venute le sconfitte, le umiliazioni, la ridicola trovata dei già citati quattro allenatori in una sola stagione, litigi negli spogliatoi fra giocatori viziati e privi di qualsiasi orgoglio, anche personale, l’assenza disarmante di un barlume di gioco, di uno spirito di squadra, il vuoto impressionante di mentalità vincente, una squadra incapace di reagire, di tentare, di dimostrare il proprio valore. Nemmeno Lippi è riuscito a ridare speranza, anzi è proprio con il tecnico viareggino che si è toccato il fondo. Eliminati prima ancora di entrarvi dalla Champions League da una modestissima squadra di svedesi. Il tonfo è stato fragoroso, ha scatenato nuovamente una ridda di processi e sentenze già sentite. E’ inutile cercare chi ha colpe, perché tutti hanno dato il loro contributo, dai giocatori che non rendevano quanto dovevano, agli allenatori che non rendevano quanto ci si attendeva da loro, da un ambiente intero incapace di darsi una scossa vera, risolutiva, che vada aldilà di proclami di facciata ma che sia effettivamente in grado di rovesciare il triste e incessante andamento di questa misera, sfortunata e indecente Inter. Ecco dunque che ha pienamente ragioni chi sostiene che non si doveva cedere un gioiello di terzino sinistro come Roberto Carlos per poi rimpiangerlo, che non si deve stravolgere ogni anno l’intera rosa, che non si doveva far partire un tipo come Roberto Baggio, che Lippi ha messo in campo la formazione sbagliata. Tutte ragionevoli obiezioni, ma che finiscono per essere puro esercizio di stile. L’Inter disastrata e bistrattata non ha bisogno di nuovi mercenari e condottieri. In questi anni all’Inter è mancata la Mentalità. L’Ambiente. Quando alla Pinetina si comincerà finalmente a ragionare e concentrarsi, liberando la mente da squallide preoccupazioni monetarie, l’Inter riacquisterà, se non la vittoria, almeno la dignità. Concludiamo con le parole di Michele Serra, autore di un’impeccabile analisi su “La Repubblica” di venerdì 25 agosto: «Non è la mentalità vincente, ma la mentalità giocante il segreto di ogni gioco e di ogni sport. Ci vorrebbe un allenatore di buonumore, non importa se zonista o catenacciaro. Purché di buonumore. E ci vorrebbe un presidente ricco e appassionato, come Moratti, ma paziente e serafico come Moratti non riesce ad essere, che confidasse nel tempo e nella tranquillità (come da sempre avviene) per costruire, piano piano, anno dopo anno, una squadra forte e serena. La cui formula è sempre la stessa, dall’alba del calcio: sette-otto titolari fissi per dare ossa a un corpo che altrimenti è inevitabilmente disarticolato (per quanto muscoloso), uno stuolo di ottimi comprimari e di ambiziose riserve, e l’idea fortificante, terapeutica, che se non si vince oggi si vincerà sicuramente domani. Prima di quanto ti aspetti, soprattutto se non sei obbligato ad aspettartelo»

 

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Dura lex, sed lex
Recoba, "El Chino" , sconfortato dopo aver sbagliato il rigore decisivo.

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Guardiamo avanti
Marcello Lippi, allenatore dell'Inter da due stagioni.

 


Onore al merito alla FERRARI...
dopo 21 anni...finalmente il sogno!!!

 

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