Cosa volevano questi giovani? Un mondo migliore? C'era bisogno di fare un Social Forum? Tutti vogliamo un mondo migliore! (Emilio Fede)

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Il racconto delle giornate del Social Forum dai diari di Giulia e Lara
Diario da Firenze
di Giulia Piccolino e Lara Cantarelli
 

FIRENZE 6-10 Novembre 2002

6/11/02

Oggi è il fatidico giorno di apertura dell’European Social Forum. Siamo reduci da giorni di pretestuose polemiche sull’ordine pubblico, condite da intimidazioni (“manterremo l’ordine pubblico ma non sappiamo a quale prezzo”, parole del ministro Pisanu), dai soliti pezzi giornalistici sul Corriere della Sera (oltre alle folcloristiche esternazioni di Zeffirelli anche il solito Sartori si è schierato per la difesa del patrimonio artistico fiorentino, minacciato dai “barbari noglobal”), dalle minacce di far saltare il forum a pochi giorni dall’inizio (quale miglior modo per provocare proteste e disordini!) e da una campagna di terrore così ben congegnata da gettare i fiorentini in un panico del tutto irrazionale.
I negozianti si vedono già le botteghe devastate, chi abita vicino ai consolati inglese e americano teme per la propria incolumità e tutti, quando chiedo perché hanno paura del forum mi rispondono: magari chi viene al forum è nonviolento e pacifico ma la gente che ama fare casino sfrutterà l’occasione. Ovviamente ad aver stabilito che il forum è una buona occasione per fare casino sono stati i media: vi immaginate se avessero descritto il forum come un noioso e accademico convegno? Del resto anche chi si sente vicino al movimento, in cambio ha paura della polizia: un sacco di ragazze e ragazzi mi hanno detto che non parteciperanno al corteo di sabato perché temono cariche e manganellate. Dopo Genova, purtroppo è difficile non comprenderli.
Verso ora di pranzo apprendo da uno scandaloso servizio di Raidue dell’ultima sparata in materia: e di chi poteva essere se non di Oriana Fallaci? Al Tg2 brani della lettera della Fallaci vengono letti quasi senza commento e senza nessun contrappeso(!). La giornalista delle crociate esorta a una risoluta resistenza contro gli invasori: chiudete i vostri negozi in segno di lutto, non rivolgete la parola a chi viene per devastare questa città. Per un attimo sono un po’ confusa: forse mi sono sbagliata e sono nel ’44, le truppe naziste staranno per occupare Firenze, accidenti, bisogna davvero difendersi! Poi mi scuoto e mi ricordo che sono nel 2002, che i nazifascisti li abbiamo cacciati mezzo secolo fa (uhm... a parte qualche erede che siede in Parlamento) e che tutto ciò che si terrà a Firenze è un convegno pacifista a cui partecipano gruppi notoriamente facinorosi come l’Arci, la Cgil e Amnesty International. Che sollievo!
Subito dopo pranzo esco di casa per andare a iscrivermi al forum e ritirare il pass (ironia della sorte, le iscrizioni si fanno al Palaffari che sarà anche una delle sedi del forum e vedrà nei prossimi giorni tenersi conferenze sulla criminalità finanziaria, sulle politiche neoliberiste del FMI e simile). La cosa che mi colpisce mentre cammino per le vie della città è un’aria di tranquillità assolutamente insolita in una città di solito congestionata dal traffico e assaltata da turisti di tutto il mondo. Penso alle tante stupidaggini della destra sulla presunta “invasione” da parte dei “noglobal” e mi rendo conto che tutti si sono scordati di osservare che le invasioni a Firenze sono quotidiane e che il panico seminato in questi giorni le ha fatte cessare. Il consolato americano è arrivato a sconsigliare vivamente ai suoi cittadini di recarsi a Firenze “tra il 5 e il 15 di novembre”. Purtroppo per George W. c’è qualcuno che disubbidirà in tutti i sensi alla campagna terroristica: tra noi ci sarà infatti Coleen Kelly, portavoce del gruppo di familiari delle vittime dell’11 settembre che si battono contro la guerra e probabilmente anche gli altri americani che abbiamo visto alla scorsa manifestazione contro la guerra con cartelli “USA citizens against the war”.
Al Palaffari c’è già una lunga fila: davanti a me due ragazzi parlano in spagnolo, più in là sento parlare in tedesco e in francese. Si sente già che stiamo entrando in un clima particolare. In generale le persone intorno a me hanno un’aria cortese ed educata, molto più civile dei soliti turisti. Alcuni sono vestiti in maniera colorata e stravagante, altri in modo del tutto ordinario se non formale. Alcuni sono giovani, altri adulti, altri anziani.
Insieme al pass mi viene consegnato un programma del forum. Finalmente posso vedere quali conferenze e seminari ci saranno nei prossimi giorni. Un punto dolente dell’organizzazione del forum è stata infatti la difficoltà di avere informazioni sugli appuntamenti del meeting. I programmi erano disponibili sul sito Internet in formato PDF solo a partire da pochi giorni prima del 6 e quello dei seminari era lungo circa 50 pagine, il che rendeva problematico stamparlo. Un altro problema (che non poteva probabilmente essere evitato) è la concentrazione in pochissimi giorni di una quantità impressionante di iniziative. Ogni giorno ci toccherà scegliere tra sei conferenze plenarie nella mattina, una ventina di seminari nel pomeriggio e altre sei o sette conferenze serali. Mi rendo conto che qualsiasi scelta farò ci sarà qualcosa a cui mi peserà rinunciare.

Più tardi. Sono le sette di sera e io e alcuni compagni di corso ci affrettiamo verso Piazza Santa Croce. Infatti è già iniziata da un’ora l’inaugurazione del forum, che prevede un concerto bandistico e la partecipazione di Dario Fo e Franca Rame. Fa un freddo cane: sarà colpa delle maledizioni che ci hanno lanciato?
Al mio arrivo mi accorgo che purtroppo la piazza non è così piena come vorrei vederla. Sarà che mi ricordo la venuta di Cofferati a Firenze, quando a Santa Croce non entrava più uno spillo. In compenso, mi accorgo che sono veramente in mezzo a una folla internazionale: i ragazzi intorno a me sono olandesi, poco più in là c’è il gruppo dei greci, con uno striscione che allude al blocco che subirono all’epoca del G8 di Genova quando la loro nave fu fermata ad Ancona dalla polizia alla ricerca di fantomatici anarchici. (Forse con quello che è successo dopo è stata meglio così per loro).
Scopriamo di essere stati fortunati: Franca Rame e Dario Fo non hanno ancora parlato, salgono adesso sul palco. Franca Rame ci racconta dei suoi guai con il ministro Castelli che l’ha denunciata per diffamazione perché lei l’ha definito “pirla” durante una manifestazione a favore dei detenuti. Dario Fo ironizza sui negozianti fiorentini che hanno sbarrato i negozi ( “che cosa se ne faranno di tutto quel metallo?”) e giustamente si scaglia contro la Fallaci (“non credo che ci sia una persona più arida e più chiusa di quella donna”). Ricorda che la bellezza della città di Firenze è stata creata dagli uomini e che non se può avere una visione fossilizzata e ristretta. Seguono grandi applausi, ma solo dalla parte italiana del pubblico, mentre gli olandesi ci chiedono “who is him”?
Dopo il discorso di Dario & Franca ricomincia il concerto. Suonano un gruppo di musicisti molto bravi che si chiama “Les italiens” e la gente sotto il palco balla e applaude (stavolta anche gli olandesi). E ovviamente non può mancare la canzone che sarà un po’ l’inno di questo European social forum: Bella Ciao!


7/11/02

Decidiamo di entrare in pieno nell’argomento “globalizzazione” con la conferenza “Dall’Unione Europea della globalizzazione liberista all’Europa delle alternative” che si tiene al Palacongressi, un bell’edificio storico situato in mezzo a un giardino, accanto al Palaffari e a pochi passi dalla Fortezza da Basso. La sala principale del Palacongressi è un elegante auditorium con poltrone foderate di rosso, strutturato a cavea. E soprattutto, è strapiena. Veniamo a sapere che gli apparecchi per la traduzione simultanea sono già esauriti. Per nostra fortuna staremo sedute (sui gradini) accanto a un gruppo di francesi che ci presteranno il traduttore per i discorsi in francese (vera seconda lingua del social forum).
La conferenza si orienta soprattutto sul problema del rapporto tra creditori e debitori che strangola i paesi del Sud del mondo a favore dei paesi ricchi.
Denis Corman, belga, di un’associazione che si batte per la cancellazione del debito del Terzo Mondo ricorda che i paesi poveri sono stati costretti a pagare cifre anche sei volte superiori a quelle che avevano inizialmente preso in prestito. “Si parla tanto di piani Marshall per i paesi poveri, ma il flusso di denaro che questi paesi hanno dovuto pagare ai paesi ricchi è equivalente a Piani Marshall” “Chiediamo la cancellazione totale del debito e lo smantellamento dell’FMI, del WTO e della Banca Mondiale. A chi ci dice che questo non è realistico io ricordo un motto del Maggio Francese: Siamo realisti, chiediamo l’impossibile”.
Un altro discorso molto interessante è quello dell’economista napoletano Emiliano Brancaccio di Attac Italia. Secondo Brancaccio le politiche liberiste degli ultimi anni, come la liberalizzazione indiscriminata della circolazione dei capitali, hanno avuto tra i loro effetti principali quello di far lievitare i tassi d’interesse reali mondiali, con gravi conseguenze per i paesi poveri e per la crescita economica. “Questa situazione è frutto di scelte politiche precise e perciò non è affatto irreversibile. Se lo volessimo potremmo far abbassare i tassi d’interesse reali, forse fino a portarli a zero”.
Agli interventi dei relatori segue una lunga serie di interventi del pubblico.
Il più simpatico è senza dubbio quello di un vecchio fiorentino che si sfoga contro i dirigenti della sinistra “Questi hanno abbandonato l’eguaglianza, la giustizia sociale... per il riformismo! Ma che l’è il riformismo?”
[Bisogna aggiungere che il vecchio fiorentino (evidentemente legato agli schemi tradizionali della politica) ci propone di fondare un partito. Tenetelo presente perché il giorno dopo il Corriere della Sera titolerà: “I no global sfidano la sinistra, vogliono fondare un partito”.]
L’intervento più toccante è sicuramente quello di un signore venuto dall’Africa che ci spiega cosa vuole veramente dire il debito per i paesi del terzo mondo: “Se noi non paghiamo il debito questo non influisce sulla vostra vita normale qui in Europa. Ma se siamo costretti a pagare il debito i nostri bambini muoiono di fame”.
Durante il pomeriggio metto finalmente piede nella Fortezza da Basso. La Fortezza è un enorme complesso di impianto rinascimentale, cinto da spesse mura. Pensata per difendere Firenze dalle invasioni non fu mai utilizzata in realtà a scopo militare il che ne fa paradossalmente un posto adatto per ospitare un convegno pacifista. Al giorno d’oggi però normalmente la Fortezza è un baluardo del capitalismo fiorentino: vi si tengono enormi mostre mercato, comprese quelle di moda, famosissime. (A proposito, dicono che tra chi ha deciso di tenere aperto durante il Forum sfidando la Fallaci ci sia Roberto Cavalli). E’ bellissimo vedere come la Fortezza si è trasformata per l’occasione. E’ piena di gente, addobbata con striscioni colorati. C’è un “ristoro contadino” per chi deve pranzare, oppure banchi che vendono prodotti del commercio equo e solidale. Il padiglione centrale ospita gli stand di tutte le associazioni che partecipano al Social Forum Europeo, da Attac a Amnesty International, dai Cobas a Legambiente ai comunisti francesi e inglesi. Si possono comprare spille con scritte contro la guerra in Iraq, libri sulla globalizazione, guardare filmati su Genova, firmare petizioni e tutto è molto vivace e colorato.


8/11/02

Oggi ho deciso di seguire due conferenze. La prima conferenza, che si tiene la mattina, è quella sulla Costituzione dell’Unione Europea: “Dalla Carta di Nizza alla Convenzione. Nella crisi della democrazia europea la ricerca di una cittadinanza universale.”
Era previsto in questa conferenza l’intervento di Guglielmo Epifani ma il segretario della CGIL arriva solo a metà conferenza e rimane tra il pubblico mentre parla un’altra relatrice per conto del sindacato. Impegni urgenti (non dimentichiamo che in queste ore si discute sul futuro della FIAT e dei suoi lavoratori) o desiderio di “tenersi ai margini” perché la CGIL è un nuovo arrivato e perché non si vuole imporre una presenza troppo ingombrante? Oppure, come si sussurra, pressioni da parte della Ces (Confederazione europea dei sindacati) timorosa di compromettersi? Nonostante le contraddizioni del caso la presenza dei sindacati qui al Forum è un fatto importantissima e la lungimiranza della CGIL stride, aihmè, con la solita cecità di gran parte dell’Ulivo. Se non sbaglio gli unici esponenti della politica italiana che saranno presenti qui a Firenze sono Bertinotti e Rosi Bindi (immagino che quest’ultima non rifletta le posizioni di gran parte del suo partito), oltre al presidente della regione toscana Martini e al sindaco Domenici, entrambi dei DS, che però parlano come amministratori locali: non scordiamoci che le posizioni di Martini sul movimento, compresa la coraggiosa decisione di far sfilare il gonfalone della Toscana nei giorni di Genova, sono un caso isolato nel suo partito.
La questione intorno alla quale ruota la conferenza è il deficit democratico dell’Unione Europea e il tentativo di creare una Costituzione europea per colmarlo a sua volta condotto attraverso una Convenzione formata da “rappresentanti dei rappresentanti”.
L’intervento più interessante e più equilibrato è a mio giudizio quello del giurista Luigi Ferrajoli, perché evita il rischio di una visione “catastrofista” dell’ “Europa dei banchieri”, con relativo ripiegamento sullo stato nazione, ma elenca con precisione e puntualità tutti i deficit del progetto costituente della Convenzione. Come sottolinea Ferrajoli il futuro dell’Europa non è predeterminato ma dipenderà da noi e dalla nostra capacità di creare una società civile europea. Lo stesso European Social Forum è un fatto importantissimo di democrazia, la prima grande discussione di massa sul tema della Costituzione europea.
Nel progetto della Convenzione la Carta dei diritti firmata a Nizza nel 2001, che, pure con le sue mancanze (qui qualcuno propone di sostituirla con una Carta dei diritti sociali più completa), segnava un passo in avanti, non sarà vincolante (anche ora non lo è in quanto non inclusa nei trattati europei), con il rischio che i diritti da essa affermati restino, appunto, sulla carta. Inoltre tutti i diritti affermati nei documenti dell’Unione europea e nel progetto della Convenzione si riferiscono unicamente ai cittadini europei, che a loro volta sono solo coloro che possiedono già la cittadinanza di uno degli stati membri, con la conseguenza di escludere le persone che risiedono di fatto in Europa ma che non sono cittadini, cioè i migranti. Infine è preoccupante la proposta delle leadership conservatrici europee di inserire nella Costituzione un richiamo ai “fondamenti cristiani” dell’Europa, proprio in un momento in cui la società europea diventa sempre più variegata e multireligiosa. Non si può a questo proposito non condividere un intervento di uno spettatore che spiega di essere omosessuale e impegnato come sindacalista e che dichiara “E’ vero che non posso immaginare l’Europa senza figure come Francesco D’Assisi. Ma non posso nemmeno immaginare l’Europa senza l’illuminismo di Voltaire o le idee di democrazia e solidarietà di Rosseau. Non mi sognerei mai però di inserire nella Costituzione Europea un richiamo ai “fondamenti volteriani o rosseauiani dell’Europa”.
In ogni caso probabilmente ciò che mina alla base il progetto costituente europeo è la struttura stessa della Convenzione, formata da rappresentanti dei Parlamenti nazionali nominati con criteri non sempre trasparenti, e chiamata a prendere le sue decisioni a porte chiuse, nell’ignoranza della maggior parte dei cittadini europei.

Alle 17:30, in una sala leggermente più piccola (ricordatevi che stiamo comunque parlando degli smisurati ambienti della Fortezza!) ma perciò ancora più traboccante si svolge la Conferenza sulla democrazia partecipativa. Il gruppo dei relatori è piuttosto composito perché mette insieme esponenti del movimento come Pierluigi Sullo di Carta, lo storico Paul Ginsborg che è stato animatore del “movimento dei professori” a Firenze (già, quei pericolosi estremisti che chiedono a Berlusconi di rispettare la Costituzione), due sindaci molto diversi tra loro (il sindaco “disobbediente” di Grottammare Massimo Rossi e il primo cittadino di Firenze Leonardo Domenici, trasformatosi in alfiere della libertà grazie alle invettive della Fallaci e di Zefirelli ma criticatissimo dentro il movimento per il suo modo di gestire la città) e l’ex sindaco più famoso del mondo, Tarso Genro di Porto Alegre. Genro arriverà più tardi perché è ancora in volo dal Brasile.
Ginsborg apre la conferenza con un excursus storico sulla democrazia. Come mai proprio nel momento in cui la democrazia raggiunge la sua massima diffusione nel mondo si manifestano fenomeni di disaffezione nei suoi confronti, di “crisi della rappresentanza”, anche nei paesi dove le istituzioni democratiche sono più antiche e affermate? Secondo Ginsborg uno spartiacque si può ritrovare in una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti in cui si dichiarava incostituzionale il tentativo del Congresso di limitare i finanziamenti privati ai partiti politici dopo il caso Nixon. In questo modo è fallito il tentativo di rendere indipendente la sfera della politica dalla sfera del mercato e si è affermato un sistema in cui le risorse economiche e mediatiche di cui ciascuna parte politica può disporre diventano lo strumento più importante per vincere le elezioni.
Ginsborg introduce la distinzione fatta da uno studioso tra democrazia liberale e democrazia elettorale: perché una democrazia possa dirsi liberale e non si esaurisca nel momento del voto devono esistere una serie di condizioni, come la presenza di mezzi di comunicazione liberi e pluralistici, la reale possibilità di scegliere tra differenti alternative, una magistratura libera e indipendente. Secondo Ginsborg il momento che l’Italia sta attraversando è particolarmente critico perché si rischia il passaggio da una democrazia liberale a una democrazia puramente elettorale.
Interviene quindi il sindaco di Grottammare che racconta come, nella sua città, un piccolo comune dedito al turismo, si è arrivati a mettere in pratica la democrazia partecipativa attraverso un’iniziativa dal basso indipendente dai partiti tradizionali e del successo e dell’entusiasmo che questa esperienza ha suscitato. Il messaggio che Rossi ci vuole dare è molto semplice: la democrazia partecipativa si può fare senza problemi, basta volerlo. Ma i nostri amministratori locali che magnificano la democrazia partecipativa vorranno veramente farla? Penso a gente come Veltroni, che è tornato entusiasta da Porto Alegre lo scorso anno o al qui presente sindaco di Firenze Leonardo Domenici, che è anche presidente dell’ANCI (associazione nazionale comuni italiani).
Ed è proprio Domenici che ora prende la parola. C’è un po’ di suspence: sarà contestato? Come se la caverà? Le contestazioni però saranno minori di quanto ci si aspetta: forse perché molti dei presenti sono stranieri e non conoscono nefandezze quali la privatizzazione delle farmacie comunali, dell’acquedotto e della centrale del latte (per i toscani che compravano il latte Mukki: attenti, la Parmalat sta comprando la Mukki e ha intenzione di utilizzare latte di importazione tedesca!), forse perché Domenici, davanti alle offensive di Berlusconi, è apparso come un eroe (suo malgrado? si sussurra che sia stato tirato per il colletto dal Presidente della Regione Martini a proposito del Social Forum Europeo...), forse perché mancano il tempo e le energie per gli interventi del pubblico (è ormai quasi ora di cena e molte persone sono qui da stamattina!). Gli unici tentativi vengono da alcuni presenti del centro sociale ex-Emerson, fatto sgomberare dal sindaco per far posto a un centro commerciale. Domenici si difende spiegando di aver fatto tenere un referendum per decidere sul futuro del centro sociale. Viene un dubbio: democrazia partecipativa o democrazia plebiscitaria? Comunque resta il fatto che una questione come quella del centro sociale ex-Emerson è troppo limitata per poter dare origine a una critica complessiva della politica di Domenici. Il “primo cittadino” ammette la sua mania per le Società per Azioni a capitale misto pubblico-privato. Precisando ovviamente che “la maggioranza deve stare saldamente nelle mani del pubblico”. Ma se una grande multinazionale compra il 40% della società dell’acqua (come rischia di avvenire) si può veramente fare una gestione nell’interesse dei cittadini? Resta un fatto. Ora Domenici dovrà almeno far finta di voler istaurare la democrazia partecipativa a Firenze. E noi avremo molto più gioco a pungolarlo perché faccia una politica diversa.
L’arrivo di Tarso Genro è salutato da grandi applausi. Del resto la vittoria di Lula (un presidente operaio vero, bisognerebbe dirlo al Berlusca) in Brasile è un fatto fondamentale per l’America Latina ed è anche in larga misura la vittoria delle idee del movimento dei movimenti contro i tecnocrati neoliberisti che avevano promesso democrazia e prosperità ai loro paesi e li hanno invece lasciati in un mare di miseria, squilibri sociali e neocolonialismo. Tarso Genro parla dei difficili problemi che la presidenza Lula si trova ad affrontare e dell’importanza di un sostegno ai tentativi di riforma del Brasile. Parla poco invece della democrazia partecipativa e la mia impressione è che dia per scontato che tutti ne sappiano già tutto. Credo che il punto debole di questa conferenza, comunque molto interessante, sia il non essere entrati negli aspetti più tecnici della democrazia partecipativa, perché ognuno ha dato per scontato che ne parlassero gli altri (Ginsborg ha dato per scontato che ne parlasse Genro, Genro che ne avessero parlato i relatori prima di lui etc etc). E quando Genro finisce di parlare sono passate le otto e i partecipanti al social forum, che sono esseri umani anche loro checché ne pensi la Fallaci, abbandonano la sala stanchi e in preda alla fame dopo un’altra dura giornata di dibattiti senza vetrine spaccate.




“Il conflitto tra il valore della difesa della costituzione e la tutela dei diritti fondamentali di manifestazione del pensiero politico, viene risolto dalla giurisprudenza, che si trova di fronte a una contrapposizione di norme che hanno origine e caratteri contrastanti: le norme penali volute dal fascismo per colpire l’opposizione ancora coesistono infatti con le affermazioni costituzionali dei diritti di libertà.
I reati di vilipendio delle istituzioni, di apologia e di propaganda sovversiva, tutti diretti contro la personalità dello Stato, come quelli di associazione sovversiva e di cospirazione politica, di istigazione a disobbedire alle leggi, rivolti invece contro l’ordine pubblico, hanno dato luogo a non poche controversie interpretative, proprio per lo scontro tra i principi costituzionali che impersonano. Sintomatico in tal senso è l’art. 270 c.p.: <<chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe ociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato è propibito con la reclusione da 5 a 12 anni>>.
Di fronte a tale disposizione, la giurisprudenza ha dato luogo a una difficile interpretazione adeguatrice, per salvare la libertà di associazione e la libera attività politica. Così si è sostenuto che le associazioni vietate dall’art 270 c.p. sono quelle caratterizzate da un programma di violenza [...] In altre parole, il requisito della sovversività sussiste quando l’associazione non si limiti a propagandare idee sovversive o a perseguire trasformazioni dell’ordinamento ma miri a realizzazioni pratiche di un programma di azione politica, realizzazioni da conseguirsi usando concretamente un metodo di lotta violenta [...]
Si tratta di un’interpretazione “adeguatrice” (alla costituzione), perché in base al codice penale, nella intenzione dei suoi redattori [...] erano ritenute sovversive anche quelle associazioni che si limitassero <<alla diffusione delle idee, cioè all’affermazione teorica degli obiettivi politici che costituiscono il loro programma>>.”
Morbidelli, Pegoraro, Reposo, Volpi
Diritto costituzionale italiano e comparato seconda ed.
Monduzzi editore, 1997

Direi che da queste righe si ricava che:
- tutti i reati che vengono contestati alle persone arrestate in questi giorni sono ricavati da articoli di chiara impronta fascista
- tra tutti gli articoli, il 270 è il più contestato dato che fu pensato da Mussolini & Co apposta per colpire le opposizioni al regime
- dato che nessuno ha abrogato quell’articolo, i magistrati sono costretti a barcamenarsi e a forzarli per renderli accettabili rispetto alla nostra costituzione, sostenendo che le uniche associazioni vietate sarebbero quelle a chiaro carattere violento
- se si volesse applicare alla lettera l’art 270 (come hanno fatto certi magistrati di Cosenza...) si ricadrebbe nel fascismo...


9/11/02

Sveglia!!!!!!!!!!!!!!
E’ tardissimo, ci sono le conferenze la mattina, iniziano alle 9 ma… non ce la faremo mai!
Caffè, pasta e via!
Gli autobus seguono percorsi alternativi (anche loro!) oggi, peccato che per noi partecipanti al forum tutto ciò non sia per nulla funzionale…
Dopo una gymcana tra un bus e l’altro alla fine troviamo un autobus che ci porti nei pressi della Fortezza, ma la conferenza sul traffico delle armi con un rappresentante di Amnesty, l’acclamatissimo Gino Strada, Beretta (un missionario saveriano, cosa avete capito?!) e altri è alla Leopolda! Andiamo a piedi, Giulia ed io, attente a non farci investire dalle auto, e arriviamo con un po’ di comprensibile ritardo. Anche la Leopolda è piena di gente, e anche per terra gli spazi per sedersi sono molto ridotti… Da lì riusciamo ad ascoltare gli interventi dei relatori e a immaginare ciò che accade intorno al tavolo della conferenza… Il primo intervento è in inglese e non abbiamo il traduttore, per fortuna ci concentriamo e riusciamo a capirne buona parte. Si parla dei traffici nascosti che portano all’esportazione di armi nei paesi poveri e delle condizioni di lavoro durissime cui sono sottoposti coloro che estraggono dalle miniere i materiali con cui verranno fabbricati gli armamenti.
Semplificando: Paesi poveri: estrazione di materie prime destinate all’esportazione nei “paesi ricchi” che le acquistano a basso prezzo per poi lavorarle.
Paesi ricchi: lavorazione delle materie prime volta alla fabbricazione di armi destinate in larga misura all’esportazione. A chi? Naturalmente agli stessi
paesi poveri che acquistano le armi ad un prezzo molto alto.
Segue, dopo una caterva di esempi e cifre spaventose in merito al traffico d’armi, l’intervento appassionato di Gino Strada; vedo i sorrisi e, di tanto in tanto, cenni di assenso di chi è seduto e immagino la mimica di Strada, che unita a una grande ars oratoria contribuisce a rendere ancora più incisiva la sua denuncia contro la guerra e coloro che la appoggiano e finanziano. Suggerisce di progettare azioni pacifiche di dissenso (che bello vedere come in questo movimento ci sia identità di mezzi e fini!) e ne propone alcune raccogliendo gli applausi dei presenti. Subito dopo il suo intervento la sala comincia a svuotarsi, è appena arrivata la comunicazione che il corteo previsto per il pomeriggio partirà prima del previsto, vista la grande partecipazione registrata. Ci passano centinaia di gambe davanti agli occhi e intanto Beretta inizia la sua relazione sulle responsabilità delle banche nei finanziamenti al commercio d’armi, suggerendo strategie di controllo ed eventuale boicottaggio (ma questo non lo scrivo: www.banchearmate.it).
Ok, la conferenza è finita, c’è tempo per un panino (al crudo, non è possibile! Ma sono così contenta che non ci bado e… sembra buono! Secondo me è suggestione…) e poi andiamo a prendere Eva e Marco in stazione. Ed ecco altra gente, con bonghi, panini, bandiere e quant’altro in mano. Arriviamo verso le 15.30 davanti alla Fortezza, lo spiazzo è invaso di persone e sembra non si debba partire mai! L’occasione è buona per comprare il numero del giorno di Social Press (“ehi, ma questo qui che scrive lo conosco!”), guardarsi intorno, fotografare, filmare, chiacchierare…
Ovunque ci sono bandiere dell’Arci, Rifondazione, CGIL, pochi DS, più avanti un gruppo di Verdi. Procediamo! L’UDU improvvisa uno spettacolo danzante, proviamo a cantare le canzoni ma non le sappiamo tutte e il nostro coro è un po’ dissonante, ma va bene lo stesso! Alla fine partiamo con Bella Ciao, almeno così non ci perdiamo! Siamo sul lato destro del corteo e sugli alberi si sono arrampicati ragazzi e ragazze con cartelli e perfino mimi che improvvisano posizioni improbabili. Ma come fanno??? Foto! Più avanti un gruppo regge uno striscione: Sardigna Natzione. Un ragazzo indossa un basco coloratissimo, sono troppo belli! Più avanti iniziano i negozi, qui quasi tutti sono sbarrati da pannelli di compensato, per fortuna noi manifestanti siamo creativi così ora, anziché essere tutti uguali, sono pieni di scritte (ricorrente: “noi corretti, voi fallaci”, oppure scontrini dei bar vicini, rimasti aperti).
Ed eccoci in Viale Gramsci, siamo finiti nello spezzone degli inglesi, gli slogan cambiano e si fanno più duri… Poco dopo incontriamo Enzo. Ormai la stanchezza comincia a farsi sentire, in più è buio e c’è piuttosto freddo; per fortuna imbottigliati come siamo all’angolo tra due strade non lo sentiamo troppo! Il tempo in cui restiamo fermi sembra un’eternità, ma quando è lontano lo stadio??? Squillano cellulari, i nostri vicini ci dicono che il concerto è iniziato e lo stadio è pieno, ma non ci arrendiamo, dopo tutto questo camminare almeno un momento per distenderci ci vuole! Nel frattempo la solidarietà delle tantissime persone (di ogni età!) alle finestre ci fa sorridere, e alcuni ai piani bassi distribuiscono caffè ai manifestanti infreddoliti. Qualcuno invece ha esposto la bandiera di Forza Italia al balcone (un po’ in ombra) e appena il corteo se ne accorge volano fischi. Così il Cuordileone, dopo qualche minuto, ritira la bandiera…
Finalmente si riparte, e più avanti un simpatico Mosé si fa strada, suonando una conchiglia, nel mar rosso (!)… Incredibile!
Ancora un po’ di strada e arriveremo allo stadio, non ne possiamo più, il nostro accompagnatore decide di fermarsi ma democraticamente gli intimiamo di proseguire… Ed ecco lo stadio, traboccante di gente, da fuori si sentono la Bandabardò e Paola Turci, qualcuno (forse non Silvestri) canta Cohiba ma siccome entrare è impensabile acquistiamo allo stand dell’Arci un altro po’ di biscotti equi e solidali e incontriamo un ragazzo che tiene un banchetto in Via Zamboni a Bologna! Ora basta, decidiamo di entrare, pare si riesca, intrufolandosi tra la folla… Marco si unisce ad altri amici per prendere il treno per Pisa e noi facciamo quattro salti con i Modena City Ramblers… le ultime energie! Che stanchezza, si torna a piedi, sorrisi con gli altri gruppetti di manifestanti, un ottimo panino e a letto (senza prima aver fatto un bilancio della giornata, però!). Sono già le 2…


10/11/02

Ma che ore sono???????????????? Quasi le 10!!!
Ebbene, non ci siamo svegliate, ma non ci sentiamo in colpa…
Oggi alla Leopolda c’è la plenaria conclusiva con i saluti e… un riassunto dei contenuti del Forum. Un salto alla stazione, per fare i biglietti, le edicole sono chiuse per “esaurimento dei giornali e del giornalaio”, e qua e là cerchi di ragazzi e ragazze, uomini e donne, che mangiano, suonano, aspettano con occhiaie, sorrisi e bandiere arrotolate negli zaini un treno speciale per rientrare a casa… e sono tantissimi!!!
La Fortezza è chiusa, bisogna ripulire tutto in vista delle prossime esposizioni, fuori altri gruppetti si crogiolano sotto il sole caldo… Oggi non c’è neppure bisogno della giacca!
Alla Leopolda c’è il tempo per mangiare e farsi fare un bel caffè doppio, sentire i saluti, cantare Bella Ciao (strano!) e guardare le foto di Salgado, bellissime, tese e profonde, e quelle fatte a Genova e segg. A lato campeggiano diverse copie della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, in diverse lingue; su un altro pannello un cartellone indica le guerre in corso, riportando in riga dati significativi sull’inizio delle ostilità, sulle popolazioni e i territori coinvolti, sulle motivazioni dichiarate e sugli strumenti offensivi impiegati. 28 righe, 28 conflitti. Troppi.
Ci sediamo, guardiamo la gente che sfila davanti alle foto di Genova, c’è un bimbo che indica una foto in basso (è alto quanto la bandiera palestinese che tiene in mano!)… chissà come gliel’avranno spiegata…
Usciamo, ci guardiamo intorno, il mio treno è tra un’ora, quello di Eva poco dopo… ultima foto poi si va, con la bella sensazione che ci si porta dietro quando si prova a ragionare e a costruire qualcosa di grande, di bello, di nostro, insieme. E soprattutto quando si ha la consapevolezza che non è finita qui, c’è ancora molto da fare, informarsi, divulgare, progettare, controllare, tenere gli occhi e le menti sempre aperte!!!

- “Sorridete!”
- “Peeeeeeace”

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