Author Archive for Francesco Costa

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G-mondiali

Brevemente, chè gioca la Spagna. Qui siam generosi, e allora si è pensato di rendere disponibili alla collettività i filmati delle sintesi di tutte le partite dei mondiali. Dove stanno? In un account Gmail:

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I video sono in formato flv. Si aprono con il magico VLC, programma che consiglio a tutti: leggerissimo, facile da usare e compatibile con tutti i formati multimediali esistenti. Se proprio non potete fare a meno del formato avi, la conversione è semplice e veloce con Total Video Converter.

Le chiavi di casa sono alla portata di tutti: come potete immaginare, il gioco funziona finchè tutti coloro che entrano e scaricano i video lasciano tutto così com'è. E' l'occasione buona per dimostrare come il popolo di internet (e dei blog) sappia essere mediamente più civile ed educato di quanto si possa riscontrare nella vita reale. Buona visione!

Le quote rosa non servono a un tubo

Mi duole dirlo, ma Mara Carfagna ha ragione. Benchè io stesso alla vigilia potessi pensare il contrario, le recenti elezioni amministrative in Sicilia ci hanno dato la prova provata che non c'è cosa più inutile delle quote rosa.

In Sicilia si è votato con una nuova legge elettorale: sistema proporzionale con sbarramento al 5%, voto di preferenza e quote rosa, ovvero l'obbligo da parte di ogni lista di contenere il 30% dei candidati donna, posizionati nella lista alternando ad ogni nome maschile un nome femminile. Semplice e lineare.
Il risultato? Se escludiamo Rita Borsellino (alla quale proprio la nuova legge elettorale garantisce un seggio da deputato in qualità di candidato della minoranza), su novanta parlamentari eletti le donne sono tre. Si, proprio così: t-r-e.

Non è finita. Se andiamo a vedere chi sono le tre donne elette, scopriamo che due di loro fanno parte del centrodestra (Giusy Savarino, Udc e Giulia Adamo, Fi) e una soltanto del centrosinistra (Francesca Cantafia, Ds).
Altra bomba: nell'ultima legislatura - eletta senza le quote rosa - le donne erano addirittura quattro, una in più rispetto a questa eletta con le quote rosa. Ed erano tutte del centrodestra (sì, proprio così: il centrosinistra non aveva eletto nemmeno un deputato donna).

E ora - preso atto del fatto che il problema della rappresentanza femminile non deriva tanto dalla misoginia dell'attuale classe politica quanto da un'arretratezza culturale ed una concezione del potere di stampo medievale e sessista, e appurato che non ci sarebbe niente di più sbagliato per il centrosinistra di pensare di essere anche minimamente differente rispetto all'altra parte - che si fa? Continuiamo a delirare di quote rosa o facciamo un passo indietro e ricominciamo tutto da capo?

Le colpe di Fassino, i meriti di D’Alema

Se tutto va come deve andare, tra qualche ora avremo un nuovo Presidente della Repubblica e il suo nome sarà Giorgio Napolitano. Ad essere sincero, la scelta non mi entusiasma.

Non mi entusiasma innanzitutto per il fattore anagrafico del quale è impossibile non tenere conto. Insomma, altro che Generazione U: ci si dimentica che in Italia l'età media degli uomini sta intorno agli ottanta anni. Napolitano ne ha già ottantuno. Gli auguriamo di campare altri vent'anni, ma qui si corre il rischio di ripetere questa pantomima tra due-tre anni.
Inoltre - e qui mi già mi aspetto linciaggi -, la candidatura di Giorgio Napolitano non mi entusiasma per il metodo che ha utilizzato il centrosinistra nel proporre il suo nome. Non mi interessa prendere le difese di un centrodestra indifendibile. Mi rivolgo però a chi - come me - tenta di riconoscersi nel centrosinistra: ammettiamolo, questa volta non abbiamo fornito un ottimo spettacolo al paese.
La candidatura di Giorgio Napolitano è stata l'unica exit strategy possibile per un centrosinistra messo in grave imbarazzo dagli errori strategici del suo maggiore partito.



La stagione degli errori ha avuto inizio con la querelle Bertinotti-D'Alema per la Presidenza della Camera: non credo che ci si sarebbe dovuti metter d'accordo prima delle elezioni (i partiti hanno la smania di misurarsi a vicenda, e come avrebbero potuto spartirsi delle poltrone senza delle percentuali a cui far riferimento?), ma penso che sarebbe bastata un po' di lucidità per capire che l'area ulivista non poteva certo esprimere da sola le presidenze delle camere e quella della Repubblica. Lo dice oggi benissimo Leonardo: i Ds e la Margherita non esistono più, e i loro esponenti farebbero meglio a smetterla con spartizioni e diarchie. La candidatura di Franco Marini al Senato era espressione diretta anche della Quercia, che gli piaccia o no. Gettare nella mischia D'Alema è stato un errore, e le responsabiltà dell'errore vanno attribuite ai Ds (e quindi al suo segretario, Fassino).
Non finiscono qui, purtroppo, gli errori dei Ds e di Fassino (persona onesta e rispettabile, ma della quale non si può fare a meno di evidenziare gli errori strategici). A fronte di un risultato elettorale deludente ma in qualche modo necessario (è stato impagabile lo spirito di coalizione dei Ds lungo gli ultimi anni), il segretario Fassino - stimolato anche dalla sua traballante poltrona e dal suo futuro incerto - ha ritenuto necessario risarcire il partito con una carica istituzionale. Ha buttato così nella mischia D'Alema, il quale però ha fatto in tempo a fare saggiamente un passo indietro prima che la sua candidatura potesse aprire una crepa nella coalizione.
Eletto Bertinotti alla Camera, Fassino ci ha riprovato cercando di piazzare il presidente Ds al Quirinale. Sia chiaro: lungi da me sostenere che D'Alema si sia candidato al Quirinale solo per accontentare il partito, ma non si può non sottolineare come il segretario Fassino abbia investito tutto il suo potere sulla candidatura del suo miglior cavallo e che - finchè D'Alema è rimasto in campo - solo la sua elezione avrebbe normalizzato la situazione all'interno dei Ds.
Io sono tra quelli che pensano che D'Alema sarebbe stato un ottimo presidente, ma la storia è piena di persone che sarebbero state senza essere state mai neppure candidate a niente.

Mi duole dirlo, ma stavolta Berlusconi ha ragione: il metodo con cui il centrosinistra ha proposto le sue candidature (di D'Alema prima, di Napolitano poi) non è degno di una maggioranza che dice di voler unire il paese. Non dico certo che l'Unione avrebbe dovuto accettare uno dei nomi della rosa della Cdl, ma buon senso e tradizione vogliono che sia la maggioranza a proporre una rosa di nomi all'opposizione. Sarebbe stata la scelta più ragionevole, ma i Ds si sono messi di traverso. Davanti ad una rosa di nomi, la Cdl avrebbe chiaramente cercato di mettere in difficoltà il centrosinistra lasciando i Ds a bocca asciutta.

Ci ha pensato ancora una volta D'Alema a togliere le castagne dal fuoco e salvare Fassino da suoi errori. Lo ha fatto facendo un nuovo passo indietro, e permettendo ai Ds di avanzare una candidatura - la candidatura Napolitano - che risolverà il problema dei Ds in maniera molto più indolore.
Questo tipo di logica avrà probabilmente l'effetto di impedire al paese di avere al Quirinale la persona probabilmente più adatta (quel Giuliano Amato per il quale qui si è fatto spudoratamente il tifo) bocciata non perchè sgradita ma semplicemente perchè, seppur vicinissimo alla corrente socialista dei Ds, non ne possiede la tessera. Napolitano non è stato candidato perchè persona adatta a rappresentare gli italiani (che poi lo sia, questo è un altro discorso). Napolitano è stato candidato perchè persona adatta a rappresentare un determinato partito nelle istituzioni. E' il partito che voto, e - giusto per essere chiari - a me della rappresentanza istituzionale dei Ds non me ne potrebbe fregare di meno (capito Piero?). Stiamo eleggendo il Capo dello Stato.

P.S.: Massimo, al governo lascia entrare Fassino. Il segretario Ds ha una comprovata esperienza e alla Farnesina farà sicuramente bene. Tu torna a dedicarti a tempo pieno al partito: guidane questa delicata transizione e l'avvicinamento alla Margherita, preparati sin da ora il terreno per fare da leader al Partito Democratico che sarà. Ne hai tutte le carte.

Giuliano Amato, Presidente della Repubblica

Probabilmente fino al 9 Aprile non sarà possibile trovare su media e quotidiani lo spazio per discutere di un'altra importantissima elezione, quella che designerà il successore di Carlo Azeglio Ciampi alla più alta carica dello Stato, la Presidenza della Repubblica.
Se nei media tradizionali ci si limita ancora a pochi articoli (spesso col tono del pettegolezzo), il mondo dei blog è già troppo avanti (e quando mai, dico io): esiste già Ciampi Reloaded, luogo virtuale che raduna i bloggers a favore della rielezione di Ciampi per un secondo settennato.

Io non sono di questa idea.


Il fattore anagrafico ha un suo peso, e al di là del fatto che Ciampi possa essere più o meno sveglio o arzillo anche tra sette anni, un paese come l'Italia farebbe forse meglio a cercare una soluzione migliore.
Inoltre, non mi ritrovo negli sperticati elogi che la quasi totalità dell'opinione pubblica rivolge all'operato dell'attuale Presidente della Repubblica. Ciampi è stato certamente uno dei migliori interpreti del ruolo istituzionale, è stato anni luce più super partes di Cossiga o dello stesso Scalfaro: tuttavia, credo che gran parte della sua popolarità gli sia garantita dalla sua figura, dal suo personaggio "alla Nonno Libero", piuttosto che dalle decisioni politiche del suo settennato. I suoi moniti sono arrivati spesso in ritardo, e davanti ad una maggioranza che lo ha preso in giro più di una volta non ha mai avuto la forza o la voglia di chiamare direttamente il governo alle sue responsabilità.

Il mio candidato è senza dubbio alcuno Giuliano Amato: uomo di elevatissima statura morale e politica, di grande cultura e di comprovata coerenza e affidabilità. Ha 18 anni meno di Ciampi, è stato Presidente dell'Antitrust, Ministro del Tesoro (due volte), Ministro per le Riforme Costituzionali e Presidente del Consiglio (due volte: il suo governo del 1992 - con la sua storica finanziaria - ha probabilmente salvato l'Italia dalla bancarotta). Stimatissimo all'estero, di recente è stato ad un passo dalla presidenza della Convenzione Europea (andate qui se volete trovare maggiori e più precise informazioni sul suo conto).

Lui è la persona che vorrei alla Presidenza della Repubblica per i prossimi sette anni. Voi che ne dite?
Credo che non sarebbe male contarci (e mi rivolgo naturalmente a chi la pensa come me), anche per vedere se siamo solo pochi visionari o se siamo qualcuno in più, e magari poi organizzare qualcosa.
Se anche tu vorresti Giuliano Amato alla Presidenza della Repubblica, lascia un commento a questo post (o a quello sul mio blog) e - se vuoi - diffondi questo messaggio a chi pensi possa essere interessato.
Il messaggio è rivolto anche ai tanti che spesso leggono e non commentano: coraggio, basta lasciare un segno.

Il liberalismo part-time della destra italiana

Non voglio - almeno per adesso - entrare nel dettaglio delle vignette danesi e della maglietta di Calderoli: ci tornerò (se ne avrò voglia) più avanti, magari quando ci saremo tolti di mezzo questa pesantissima campagna elettorale che costringe tutti a prendere posizione su tutto, generando così un profluvio di stupidaggini che in questi mesi anche l'ultimo dei sottosegretari si sentirà in dovere di regalare al paese.
Quello che mi interessa sottolineare è una contraddizione che la dice lunga sull'onestà intellettuale della destra italiana e sul suo modo discutibile di strumentalizzare le correnti vicende internazionali.

Sappiamo come sono andate le cose: un giornale danese pubblica alcune vignette satiriche che raffigurano Maometto, queste vignette provocano accese polemiche e talvolta degenerano in scontri e attacchi alle ambasciate (sorvoliamo sul timing delle proteste, questione forse meno importante di quanto sembra).
Il governo danese si appella alla libertà d'espressione, afferma di non potere interferire sulle scelte editoriali della stampa e - pertanto - si rifiuta di chiedere scusa. Questi i fatti.
Le reazioni in occidente sono variegate: chi ritiene eccessive le proteste islamiche e crede che le vignette siano solo un pretesto, chi pensa che le stesse vignette siano irrispettose nei confronti del popolo musulmano, chi ritiene vadano fatte delle scuse all'Islam, chi si erge a estremo difensore della libertà d'espressione diffondendo le vignette incriminate.
La destra italiana - seppure con qualche distinguo - ha preso una chiara posizione: vignette o non vignette, fare un passo indietro è mettere in gioco i principi stessi della nostra civiltà occidentale. E allora, giù a difendere il nostro amato ideale della libertà d'espressione: politici (Taormina, Calderoli, Speroni e tanti altri), giornalisti (Paragone, Facci) e gli immancabili blogger-banderuole del panorama neocon italiano scendono in campo e si ergono a difensori della libertà di espressione senza se e senza ma. Si fa a gara d'indignazione, a chi si straccia le vesti prima e meglio. Si cita addirittura Voltaire.


E allora, la domanda nasce spontanea. Ma questi paladini della civiltà occidentale, questi difensori della libertà di stampa, questi politici illuminati, questi pensatori voltairiani, dov'erano fino a pochi mesi fa? Erano in Italia?
Dov'erano mentre Reporters sans frontiers definiva l'Italia un paese "parzialmente libero" dal punto di vista della libertà di informazione (42simo posto, dietro il Costa Rica, ultimo posto tra i paesi occidentali)?
Dov'erano mentre la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite pubblicava un rapporto sulla anomalia del sistema italiano e sui rischi per la libertà di stampa?
Dov'erano mentre l'International Press Institute e l'European Federation of Journalist definivano "preoccupante" e "in seria e profonda crisi" la libertà di espressione e informazione in Italia (qui e qui)?
Potremmo continuare ancora per molto: dov'erano mentre Freedom House, l'Osce, il Parlamento Europeo, l'IHF, il Consiglio d'Europa, l'Open Society Institute e la Commissione Europea denunciavano i limiti alla libertà di espressione posti in essere in Italia da una preoccupante e anomala gestione dei mezzi di informazione?
Tutto questo senza tirare in ballo i casi dei vari Santoro, Luttazzi e Biagi, che hanno visto gli attuali difensori dei principi dell'occidente vestire direttamente il ruolo di censori: dov'era finita la difesa irrinunciabile della libertà di espressione? Dov'era Voltaire? Dov'èra la magliettina di Calderoli?

Possiamo fermarci qui. Continuare su questa strada porterebbe su conclusioni completamente folli ma perfettamente logiche: la libertà di espressione in Italia è stata in questi cinque tragici anni un principio part-time, erogato non più come diritto bensì come privilegio da uno Stato e da una classe politica che volta per volta decide chi può goderne e chi non deve.
La credibilità di questi moderni paladini della giustizia è zero: zero come la loro onestà intellettuale, zero come la loro sincerità. Le loro vesti strappate e la loro indignazione odierna sono frutto - nel migliore dei casi - di una opportunistica strumentalizzazione elettorale; nel peggiore, di un malcelato razzismo.

(Per il lavoro di ricerca un grazie e i miei complimenti vanno a questo post di Asfalto Bagnato)

Carte di Sicilia/3 – Salvatore Resca

“I cristiani sono perseguitati? […] Ha ragione il ministro Buttiglione che vuole promuovere un movimento per difendere i cristiani perseguitati? […] Il cristiano, a mio parere, è perseguitato quando gli si impedisce di essere cristiano, di manifestare la sua fede, non quando gli altri non accettano le sue idee, soprattutto quando le sue idee impediscono a qualcuno di seguire le proprie! […] E se gli altri non accettassero le sue categorie, pur lasciandolo libero di vivere come vuole, è il cristiano ad essere perseguitato, oppure è lui che perseguita gli altri se vuole costringerli a pensarla alla sua maniera?
[...] Avviene così nei paesi islamici integralisti, mentre sembra essere una conquista occidentale, dovuta (spero) anche al cristianesimo autentico, che la religione non coincida con la legge dello stato, che non si imponga a tutti nemmeno attraverso il consenso della maggioranza.”

Chi ha detto queste parole? Marco Pannella? Fausto Bertinotti? No.
Le parole qui sopra sono di un prete catanese. Il suo nome è Salvatore Resca.

Carte di Sicilia/2 – Mario Ciancio Sanfilippo

Consideriamo un territorio e, all’interno di questo determinato territorio, guardiamo a tutti i mezzi di comunicazione che vi operano. Di tutti i mezzi di comunicazione del territorio che stiamo considerando, un solo uomo possiede tutte le televisioni (tutte), le due emittenti radiofoniche più importanti, il quotidiano più letto (più parte degli altri due quotidiani che escono in quel territorio), una casa editrice, la più importante concessionaria per la raccolta pubblicitaria, due società per la pubblicità su cartellonistica stradale.
Il territorio di cui stiamo parlando si chiama Sicilia. L’uomo è Mario Ciancio Sanfilippo.

Carte di Sicilia/1 – Salvatore Cuffaro

Sarà stata la visione del film-documentario “La mafia è bianca” (un'altra cosa che da qui alle regionali in Sicilia andrebbe trasmessa in tutte le scuole, in tutti i cinema e in tutti i teatri), sarà stata la vittoria di Rita Borsellino alle primarie siciliane dell’Unione (con tutta la discussione che ne è seguita sulla stampa nazionale e locale), fatto sta che da qualche tempo ho come la sensazione che spesso ci si riferisca alla Sicilia senza avere una minima idea di ciò che era e di ciò che è questa regione, e di ciò che erano e di ciò che sono i suoi abitanti.
Di cosa vogliono dire parole come “cittadinanza”, “politica”, “onore”, in Sicilia.
Di quello che dicono, pensano e sono i siciliani, del bagaglio di storia più o meno recente che si portano dietro.
La televisione, il cinema, i libri, spesso si sono occupati della Sicilia e dei siciliani ma raramente hanno resistito ai facili depistaggi degli stereotipi vecchi e nuovi, dei luoghi comuni, delle etichette. La Sicilia, è sola.

E’ stato questo stato d’animo, unito alla massiccia campagna pubblicitaria della Regione Siciliana che comprende il lancio di gadget di ogni tipo (carte da gioco comprese), a darmi un’idea che - se non mi stuferò prima - mi permetterà di raccontarvi alcuni frammenti della Sicilia di oggi.
Inizio oggi a pubblicare una serie di carte da gioco. Un mazzo di carte: ogni carta, un personaggio siciliano contemporaneo. Ogni personaggio, un ritratto; ogni ritratto, una storia per capire meglio il passato, il presente e il futuro di questa martoriata regione.
Non posso che iniziare dall’asso di cuori. Non posso che iniziare da Salvatore Cuffaro.

Del cretinismo di sinistra (post lungo e noioso)

Pur tenendo costantemente in sospeso il mio giudizio sulla Tav e sulla protesta in Val di Susa, ed essendo pronto a cambiare idea nel caso si possa vedere più chiaro sulla questione, dichiaro - anche a costo di essere linciato sulla pubblica blogpiazza - di essere a favore dell’alta velocità. Non sto qui a spiegarvi i perché di questa mia posizione né a stigmatizzare tutte le arroganze del governo che hanno portato alla cosiddetta militarizzazione della valle; non è esattamente di questo che voglio parlare. Vi basti sapere che l’ottimo SuzukiMaruti in suo post di qualche tempo fa ha espresso con dovizia di dati e particolari un parere che sento di condividere in pieno.

Torniamo ai manifestanti. Sono certo che grandissima parte di loro siano tutto meno che infiltrati anarcoinsurrezionalisti, e che i loro fini siano tutt’altro che eversivi. Hanno un problema - un problema serio - a due passi da casa, un problema che potrebbe condizionare le vite loro e dei loro figli, dei loro nipoti. E’ più che normale che, davanti ad un governo che una volta più che mai mostra di sconoscere parole quali dialogo e concertazione, la protesta abbia assunto queste dimensioni.

Al di là dei validi e legittimi motivi della protesta, c’è - secondo me - un altro fattore che tiene viva la mobilitazione. Esiste in Italia una parte di persone - che solitamente si colloca politicamente in tutto ciò che sta a sinistra dei Ds - che vive qualsiasi forma di protesta prevalentemente come una appagante dimostrazione di intransigenza morale e coerenza politica, come il momento in cui ottenere (a gli occhi di chi non si sa) un riconoscimento univoco e universale di impegno e libertà. Tutto legittimo e giustissimo, se non fosse che spesso questo finisce per spostare l’obiettivo da ciò per cui si sta protestando alla protesta in sé. Vi prego di allargare il campo visivo e cercare di guardare oltre la mobilitazione No Tav in Val di Susa.

C’è una larga fascia dell’elettorato di sinistra che vive come appuntamento irrinunciabile ogni forma di protesta contro qualsiasi cosa, che cerca appagamento e autostima nello slogan urlato sotto il palazzo del sindaco o nelle notti passati all’addiaccio, nella carica dei poliziotti o nelle canzoni cantate avvolti nella bandiera. Una parte di persone che campa di indignazione fulltime, che ha la necessità di nutrire costantemente la propria coscienza di cortei e occupazioni, nella consapevolezza più o meno inconscia che vivere il suo essere minoranza con questa voglia di stare insieme e farsi sentire possa essere sensazionale fonte di riconoscimento reciproco di onestà e libertà, motivo di orgoglio e fonte infinita di autostima.
Ora, che ci sia un che di romantico in ogni mobilitazione, e che è anche da questo coinvolgimento emotivo che vanno prese le forze e le energie per affrontare proteste di grande portata, è fuori discussione. Ma che questo possa diventare il primo motivo di mobilitazione, prima di ciò per cui si protesta, è grave e pericoloso.

E’ pericoloso, perché spesso porta ad allontanare le parti di una protesta e non ad avvicinarle (che poi sarebbe bene ricordarcelo di tanto in tanto: il fine di una protesta dev’essere risolvere un problema, e non crearne un altro). E’ pericoloso perché questo essere continuamente controqualcosa può portare ad alcune rischiosissime derive del pensiero: quella del pensare di avere sempre ragione (o peggio ancora: quella di pensare di essere sempre gli unici ad avere ragione) o quella - ancora più pericolosa - che finisce col convincere tutti che cambiare idea, cambiare opinione su qualcosa sia quanto di più ignobile un uomo possa fare.
Al di là di quel che un lucidissimo Oscar Wilde sintetizzò magnificamente - “Solo gli idioti non cambiano idea” - è proprio qui e su questo punto che la faccenda diventa gravissima. L'atto di cambiare idea è visto sempre e comunque come un rifiutare i giusti ideali (quelli inequivocabilmente giusti sempre e comunque, vedi sopra), come un vendersi al potente e passare dalla parte del nemico.
Attenzione, non parliamo di chi passa con scioltezza da sinistra a destra o viceversa (in quel caso un piccolo insulto ci può anche stare, a mio modesto parere): parliamo di - tanto per fare qualche esempio - chi si dimostra fiero e orgoglioso di non andare a votare perché “piuttosto che votare Prodi, mi tengo Berlusconi, di chi nel 1998 sostenne Rifondazione Comunista nel portare il governo di centrosinistra alla crisi, di chi nonostante questo votò Rifondazione Comunista anche nel 2001, consegnando l’Italia in mano alla lobby berlusconiana. Parliamo di chi non è andato alla manifestazione in difesa di Israele perché non si tirava in mezzo pure la Palestina, di chi non ha il coraggio di ammettere che i passi avanti più grandi verso la pace in Medioriente li abbia fatti proprio Ariel Sharon col ritiro dei coloni, chè in fondo Sharon resta sempre uno sporco sionista, e guai a cambiare idea. Parliamo di chi, oggi, critica Bertinotti per la sua scelta di stare dentro l’Unione e mettersi in gioco nel fissare i punti del programma, bollando il leader di Rifondazione come governista e, quindi, subalterno al potere. Parliamo, per tornare alla Tav, dell’atteggiamento di chi ha boicottato e infine fatto sospendere la Commissione Rivalta, la commissione formata da esponenti del governo e amministratori locali che non è stata capace di trovare un accordo sulla data di inizio dei sondaggi che avrebbero dovuto verificare la pericolosità degli scavi.

Parliamo del famigerato cretinismo di sinistra, dell’opposizione aprioristica contro tutto e tutti, del rifiuto costante del compromesso che poi, in concreto, si traduce in indifferenza: secondo il cretino di sinistra - per continuare con gli esempi - dovremmo passare dagli attuali rapporto Chiesa-Stato ai matrimoni gay, e quindi le unioni civili rappresentano il male. Per il cretino di sinistra dovremmo ritirarci dall’Iraq domani, e quindi qualsiasi forma di ritiro programmato rappresenta il male. Per il cretino di sinistra si dovrebbero vincere le elezioni senza coalizioni, perché alleanza vuol dire compromesso e il compromesso è il male. Per il cretino di sinistra bisognerebbe formare domani gli stati indipendenti israeliani e palestinesi: la road map o il ritiro dei coloni rappresentano qualcosa e non tutto, quindi rappresentano il male. Per il cretino di sinistra domani in Val di Susa dovrebbero sbaraccare tutti i cantieri e il governo dovrebbe comunicare ai francesi che la Tav non si fa più, quindi tutto il resto - tavoli di concertazione, studi sulla sicurezza, cabine di regia - rappresenta compromesso, e quindi rappresenta il male.

La cosa veramente triste di questo cancro della sinistra italiana è che poi, sostanzialmente, tutto questo impegno integerrimo controqualcosa finisce spesso col tradursi in un menefreghismo totale nei confronti di un mondo che va a rotoli; un mondo che avrebbe sicuramente bisogno di meno intransigenti manifestanti e di più persone disposte a sporcarsi le mani, nella consapevolezza che cambiare qualcosa non sarà cambiare tutto, ma è sempre meglio di non cambiare niente.

Bisboccia sul set di Lost

Sembra che sul set della seconda serie di Lost ci sia una certa allegria.
Ana Lucia e Libby (ovvero Michelle Rodriguez e Cynthia Watros) sono state le prime a farne le spese ma - a giudicare dalla piega che prende questa second season, puntata dopo puntata - qui non si esclude che J. J. Abrams possa essersi unito al festino.

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

Le migliori foto di Berlino Do not walk outside this area:
le foto di Berlino

Ciccsoft Resiste!Anche voi lo leggete:
guardate le vostre foto

Lost finale serie stagione 6Il vuoto dentro lontani dall'Isola:
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Camera Ciccsoft

Si comincia!

Spot

Vieni a ballare in Abruzzo

Fornace musicante

Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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