
Mentre scrivo sta andando in onda sulla seconda rete pubblica nazionale l'incontro di Curling Svizzera-Canada femminile, semifinale del torneo olimpico. Un evento televisivo difficilmente irripetibile nei prossimi 4 anni, fatto assolutamente normale nelle due settimane olimpiche che compiono miracoli televisivi e sociali. Senza la vetrina di Torino, il Curling non avrebbe mai smosso 4 milioni di telespettatori, inscenando più un evento di moda dettata dalla curiosità che una vera e propria passione. Però è stato in ogni caso un piccolo fenomeno, una ventata di freschezza che solo l'Olimpiade poteva innescare. Si dice che ormai siano troppo americanizzate (dagli sponsor principali alla produzione televisiva, gli Stati Uniti hanno le mani ovunque), che siano troppo militarizzate, a causa delle fitte maglie della sicurezza che ne fanno una sorta di fortino inviolabile, se non per i Volontari. Si dice che, profanate ormai da decenni dal Professionismo, abbiano perso pure l'ultimo residuo di purezza storica. Tutto vero, si sa che Sport è sinonimo di business, ma c'è dell'altro. Ho potuto vedere di persona una città riempirsi di migliaia di giovani festanti, una valorizzazione di una Torino luccicante e splendida, mentre sul piano sportivo si è riusciti a insidiare e mettere in ombra il tanto famelico Calcio italiano, facendo salire alla ribalta atleti sfigati ma vincenti, montanari ma virtuosi, dotati di una passione autentica ed evidentemente mai sfiorata dall'overdose mediatica che ha ormai mandato in cortocircuito sport più noti. Lo Spirito Olimpico sta tutto qui, in una versione molto meno idealistica della citazione decobertiana, e tende quasi a una visione carnevalesca dello Sport e dell'Informazione in generale. Ragazzi, adesso vi facciamo vedere cose mai viste, sport sconosciuti ma dotati anche loro deella propria tradizione, dei propri campioni, dei gesti tecnici e dei propri psicodrammi (la caduta del duo FusarPoli-Margaglio rimane forse il miglior momento olimpico, emotivamente parlando). E ve li facciamo vedere fregandocene degli ascolti e delle tirature dei giornali, ve li facciamo vedere perchè sono una cosa positiva, un vero momento di apertura sociale e mentale e fisica a qualcosa che di solito si snobba. Vedere la Rai servizio pubblico che schiera centinaia di giornalisti e dedica ore su ore fa un pò pensare, perchè ti chiedi che fanno il resto dell'anno tutta quella gente lì, e pensi allo spreco di risorse che possiede e non investe mai. Non è propriamente vero che in Italia ci sia solo voglia di calcio, anzi, il problema è la perveseveranza nel proporre sport alternativi e il saperli raccontare nel giusto modo. Manca dinamicità e freschezza, per l'appunto, quella freschezza, in quanto "mai visti", che gli sport olimpici possiedono nella loro verginità mediatica. C'è tutto un mondo sportivo ignoto ai più, e viene messo in vetrina per due settimane ogni 4 anni, come scriveva il buon Dipollina qualche giorno fa su Repubblica:
Le Olimpiadi sono quella cosa per cui in prima serata tv può andare tranquillamente una partita di hockey ghiaccio femminile in cui l'Italia perde 16-0. In qualunque altro periodo dell'anno, i dirigenti Rai strozzerebbero a mani nude chiunque si azzardasse a proporgli nell'identico orario la medesima disciplina.
Lunga vita al Curling, alle sue pietre dell'isola scozzese di Alisa Craig e a tutta l'Olimpiade.
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