Suscita scalpore e discussione al bar sotto casa e sui quotidiani nazionali la scelta del gazzettino di pubblicare la foto del piccolo Hevan, bambino mai nato, morto nel corpo della madre, soffocato assieme a lei, in una buca.
Per mano di suo padre.
Non ci fossero le mani dai guanti blu a comporgli il corpicino potrebbe essere la foto di un qualsiasi altro bimbo appena nato, la pelle trasparente e un po' squamata. L'espressione "crucciata" dovuta alla pelle raggrinzita tipica dei neonati. La stessa di mia sorella la prima volta che si è addormentata tra le mie braccia, dopo un'ora di vita, la manina stretta a pugno attorno al mio indice.
Non c'è nulla di scabroso, di "pornografico" a dirla come Cacciari, in quella foto; è la foto di un bimbo cui non è stato concesso neppure il primo respiro, il primo vagito.Un bambino "tutto intero", perfetto, immobile con gli occhi chiusi senza averli mai aperti, come se dormisse.
Ed è questo forse che è difficile da accettare, la "normalità" di quel visetto, la sua somiglianza con quelli che sono i figli che dormono placidamente nelle loro culle, al riparo dalla follia. E posso capire il desiderio dei parenti, dei nonni, di far sì che quella creatura non rimanesse soltanto "il bambino che portava in grembo". La necessità di dargli un nome, di mostrare il suo volto.
Perchè nessuno potesse mai definirlo "soltanto un feto".
E, personalmente, mi ha dato più fastidio leggere per la millesima volta la ridicola parola "monabomber" di quella semplice foto, pura, pacifica, con i soli guanti blu sullo sfondo ad indicare la tragedia.
Era un bambino, aveva diritto quantomeno ad un'identità visto che la vita gli è stata negata.
9 Responses to “Gli occhi (chiusi) dei bambini.”