Un anno di Governo Prodi e poco sembra cambiato in Italia. O meglio, poco sembra cambiato per chi nel cambiamento credeva davvero. Perché quello attualmente in carica si sta rivelando davvero un ottimo governo di centrodestra. Ministri preparati e responsabili guidati però da un premier poco autoritario. Ecco, con Berlusconi presidente del Consiglio questo sarebbe il miglior governo di centrodestra possibile. Gli stessi elettori della Casa della Libertà dovrebbero riconoscerlo: in questo anno appena trascorso possono lamentarsi davvero di poche cose. Iniziamo dalla politica estera: al di là degli equilibrismi lessicali del Ministro degli Esteri, poco è cambiato nella strategia. Parlare di segnale di discontinuità con il passato alla luce anche degli ultimi avvenimenti è davvero esagerato. La missione in Iraq sarebbe finita anche con il governo Berlusconi, così come quella in Afghanistan avrebbe avuto lo stesso tipo di rinforzo annunciato dal Ministro Parisi poche settimane fa. Sul Medioriente c'è stato un giusto riequilibrio nei rapporti con Palestina e Israele molto apprezzato da alcuni settori della destra, mentre il 9 giugno il criminale di guerra George W. Bush verrà ricevuto a Roma da Prodi con tutti gli onori. Cosa c'è di nuovo? Nulla.
La politica economica: la legge Biagi è ancora lì, anzi non se ne discute minimamente. La Finanziaria è stata contestata da un'ampia parte della società civile. Le fasce di reddito introdotte per un nuovo calcolo delle trattenute Irpef hanno avuto l'effetto di togliere potere d'acquisto alle buste paga dei dipendenti, che le tasse le pagano da sempre. Ma i conti oggi sono in regola: dicono che ci sia un tesoretto da spartirsi, reclamato a gran voce da Confindustria. Settori come la scuola, la ricerca e il pubblico impiego intanto sono in agitazione da mesi e difficilmente dopo i continui proclami di questi giorni rinunceranno allo sciopero fissato per le prossime settimane. Le pensioni? "Nessuna riforma", ha detto il Ministro Padoa Schioppa: o si trova l'accordo entro giugno oppure resta tutto così com'è, ovvero con la Legge Maroni. Alla faccia di tutti quelli a cui avevano promesso di abolire lo scalone.
Legge elettorale? Niente, tutto fermo. Anzi, si cerca il consenso degli stessi che meno di un anno e mezzo fa hanno fatto passare a colpi di maggioranza la cosiddetta legge porcellum, quella che ha fatto precipitare il Paese in una fase di instabilità politica senza precendenti. Conflitto d'interessi, l'altro cavallo di battaglia dell'Unione? Tutto come prima, anzi nel disegno di legge su cui si sta lavorando è stato tolto l'emendamento sull'ineleggibilità "perché - parola di Viceministro - non si può rinunciare all'apporto di personalità importanti che così bene hanno fatto alla società come Montezemolo o Della Valle".
Legge Bossi-Fini: modificata, anzi stravolta, con la nuova Legge Ferrero. Peccato che i Cpt siano ancora al proprio posto, mentre la parte relativa all'autosponsorizzazione favorisce il traffico di schiave, ma tant'è. Che dire poi dei Patti per la sicurezza? Più potere ai Prefetti sul territorio, dichiarazione di guerra a rom e rumeni, perché gli stessi imprenditori che risparmiano sui loro guadagni appaltando lavori a ditte più piccole (che fanno lavorare gli extracomunitari in nero) sono stufi di vedere le prostitute per strada. Ai rom andrebbe invece riconosciuto il Premio nobel come popolo superiore: a chi può venire in mente di fare soldi rivendendo rame rubato dai cavi elettrici?
Liberalizzazioni: la riforma tanto apprezzata di Bersani qualche effetto positivo sembra averlo apportato. Il settore più colpito al momento è quello della telefonia mobile. Per i consumatori ci sono stati dei vantaggi: costi di ricarica azzerati e maggior tutela nei contratti. Ma il resto? Assicurazioni e banche hanno sempre posizioni dominanti mentre assurdo appare il braccio di ferro con i benzinai. Liberalizzare la vendita dei carburanti non favorisce un abbassamento così sensibile dei costi: e poi bisogna tener presente che i guadagni dei gestori di pompe di benzina sono ridicoli rispetto al tipo di lavoro usurante e al rischio di vita che corrono quotidianamente custodendo soldi che appartengono allo Stato. Meglio non affrontare la questione taxi: quella che la scorsa estate sembrava una svolta nel settore, con l'abbattimento dei privilegi di una corporazione, è praticamente morta sul nascere.
Che fare di questo governo allora? La risposta può essere solo una: un mese di tempo. O passa l'accordo con i sindacati sulle pensioni o inevitabilmente Rifondazione Comunista, PdCI, Verdi e Sinistra Democratica hanno il dovere di farlo cadere. Per rispetto di tutti quelli che ad aprile 2006 votarono con il naso tappato, e che oggi non sopportano più Ministri comandati a bacchetta da Santa Romana Chiesa. L'indulto sì (con i voti di Forza Italia) e i Dico no. Non era questo quello che avevano promesso. Non è questo quello che si dice cambiamento. Non è questo un governo di sinistra.
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