E’ Partito il Democratico, ma quando arriva?

Non si schiodano da quella sedia...Tutti critichiamo giustamente il nascente Partito Democratico. Dalle premesse, alle intenzioni, passando per i modi, il PD infila una serie topica di errori, lasciando prima avviliti e poi sconcertati: è difficile, se non si è incoscienti o non si ha un secondo fine, mandare così scientificamente allo sbaraglio una propria creatura.
Quasi nessuno invece (a parte Francesco Costa, per esempio) ha invece l'onestà intellettuale di riconoscere nel PD il secondo, reale ed effettivo tentativo in anni e anni di storia italiana, di produrre una "nuova" formazione politica. Il primo a provarci fu Silvio, scendendo in campo nel 1994, con un partito che ambiva, almeno nelle intenzioni, a staccarsi dal retaggio del Novecento e fiondarsi nel presente. E', più o meno, la stessa intenzione di Fassino e Rutelli, perlomeno ufficialmente.
L'occasione dunque è unica, specie in questa drammatica fase di crisi della Politica, ma i nostri anche questa volta riescono a lasciare che il gelato si sciolga sulle loro mani prima ancora di dargli una sola leccata. Il Partito Democratico si avvia ad assumere i contorni di una bieca manovra raccattavoti, di tentativo disperato di salvare il salvabile, smarcandosi da scomodi compagni di viaggio e sperando di raggranellare altri, ancora più pericolosi a mio avviso. Non c'è ancora uno straccio di segretario, e siamo già a certificare la natura di questo Partito: un vuoto contenitore di voti. Peccato, perchè l'attenuante gliela si potrebbe concedere, come detto: essere un verosimile tentativo di "innovazione" prodotto dalla Paludosa Dittatura Parlamentare (vedi post di Leonardo sul Parlamento italiano).

Una delle critiche diffusesi sottolinea la totale assenza di giovani e giovani adulti tra coloro che dovrebbero formare il partito, completamente ignorati in questa delicata e decisiva fase di costruzione del PD. Qui scatterebbe un'altra attenuante, se non rischiassi di passare come troppo indulgente... Però è obiettivamente non facile che la società italiana malata si produca da sola gli anticorpi per la malattia. Se fossero stati chiamati a raccolta anche le "nuove" generazioni (come ha chiesto giustamente Sofri) sarebbe stata un'eccezione, non la regola (Chettimar lo spiega meglio e più brevemente di me). Siamo ostaggio di chi ha costruito questa società, e si attacca morbosamente alle posizioni raggiunte: sarebbe stato miracoloso, e non ovvio, che il PD si aprisse anche ai giovani.
I problemi del PD sono gli stessi che affliggono il Parlamento, la Politica e la Società: una sorta di cortocircuito tra causa ed effetto. Non si concede spazio, ma questo stesso spazio viene rivendicato blandamente. Non so quanti di questi giovani così tanto attesi, come Godot, siano consapevoli che li stiamo aspettando e siano interessati a fare effettivamente qualcosa per prendersi ciò che gli spetta. Non credo si rendano conto che occorre essere tenaci e allo stesso tempo subdoli, per liberare posti da sedere in parlamento, o nei consigli di amministrazione. Soprattutto, pare che l'obiettivo di questo "rinnovamento" sia semplicemente sostituire ai figuranti una maschera più presentabile. Se è una poltrona l'oggetto ambito, ci ritroveremo nella stessa situazione tra cinquant'anni, con un altro ingorgo generazionale a intasare il ricambio naturale dei ruoli dirigenziali. Bisognerebbe stabilire una volta per tutte che se la testa è marcia, anche la parte restante del Corpo non sta messa tanto bene.

Il PD è uno specchio di un problema collettivo e clamorosamente individuale: non sono soltanto i dirigenti, a non essere pronti per il PD, ma pure la base. Non siamo pronti, anzi, non siamo proprio.

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