Si chiama "magia" da rito collettivo, dove la moltitudine di cui ti circondi ogni 2 anni nelle calde sere estive di giugno è rappresentata da uno sparuto gruppo di amici-amiche. Cambiano le disposizioni sul divano e pavimento (non toccatemi il sacro scranno mundial) ma il luogo del ritrovo resta immutato, da otto anni a questa parte. Abbiamo iniziato per caso in occasione di un Turchia-Italia 0-2 di una domenica pomeriggio, per gli Europei del 2000 quando scoprimmo le gioie inerrarabili delle invasioni di piazze, vie, centri storici. Quando un litro di bibbbite (con tre b, sì) non bastava a lavare via tutto il sudore consumato per colpa di mille rigori parati e riparati, e una bandiera mordicchiata ad asciugare increduli lacrime per i laccetti tricolori strappati da una coppa che pareva conquistata.
Da allora non c'è più stato evento calcistico che non l'abbia seguito nel quartier generale di Ciccsoft assieme al Socio. Abbiamo assistito ai finti mondiali in Corea e Giappone, le partite a ora di pranzo che facevano saltare le lezioni a ingegneria, i pugni sul pavimento per colpa di un arbitro ecuadoregno. Abbiamo imprecato, ma nemmeno così tanto, al biscotto scandinavo che ci ha fatto ingoiare Euro2004.
A colpi di inni nazionali e tv formato 14" (incuranti di maxischermi e televisori al plasma altrui) si è scolpita sui muri di quella tavernetta la fama di Perdenti, e con questa consapevolezza ci siamo messi a sedere, quasi uno sopra l'altro, la sera di Italia-Ghana. Finita la partita si schizzava via subito per i "caroselli", su una Punto verde anche lei troppo piccola per farci stare tutti quanti, bandiere annesse. E poi una partita dopo l'altra, tra un colpo di culo e un sigaro lippiano si è arrivati allo zenit dell'abbraccio al televisore al gol di Del Piero a Dortmund, alla pizza che ora porgevamo garbatemente in faccia ai tedeschi, a un abbraccio veramente spontaneo e infantile che, provate a chiederlo a chi c'era in quella tavernetta, non si dimentica. Sono ricordi innocui, momenti di vita sì ma fatti di "non vita", chè il calcio, si sa, è una cosa venduta, commerciale, una moda (che dura da 100 anni). In quel momento la tavernetta ha smesso di essere un covo di Perdenti per diventare una ratatouille di ragazzi che stavano imparando a vincere un mondiale. Di lì a pochi giorni, avrebbero fracassato le casse della Punto verde su e giù per Corso Giovecca e Viale Cavour.
Tra poco si apre un nuovo capitolo della Saga dei Grandi Eventi Calcistici. L'Europeo 2008 in Austria e Svizzera: tra vacche e latte, tra cioccolata e banche, tra chiome bionde e prati verdi, con il meglio del calcio moderno. Basta ricordare che agli ultimi mondiali in Germania, 4 semifinaliste su 4 erano europee. Vincerlo conta di meno, per il cuore e per l'onore, ma tecnicamente vale molto di più, tale è l'equilibrio di squadre e l'assenza di materassi arabi o giamaicani. Si potrebbe parlare di pronostici, del fatto che sarebbe anche ora che la Spagna vincesse qualcosa, o del fatto che gira e rigira, le squadri più forti rimangono Italia e Francia. Ma per la prima volta, nella recente storia personale e quindi collettiva, ci presentiamo da Campioni del Mondo. Quindi, diventiamo automaticamente "sfavoriti", dato che solo climi da ultima spiaggia riescono a trasformarci in vincenti. Sarà strano sedersi sullo sgabellino, lunedì sera per Olanda-Italia, appagati e sazi dopo quel trionfo generazionale di due anni fa. Esulteremo in modo contenuto? Faremo spallucce se eliminati al primo turno? Prenderò una semplice margherita oppure opterò per il mio personalissimo grido di battaglia: "una wurstel, grazie"?
Nel mentre, le casse della Punto verde ancora gracchiano, mai riparate dopo i guasti bagordi della notte di Berlino.
7 Responses to “Non sarebbe strano prenderla senza eroi”