di Fabio Zecchi 

[
fazek@libero.it]

Il mondo nuovo
di Aldous Huxley

Perché leggere Il mondo nuovo di Huxley oggi? Non è una lettura no-global o anti-berlusconiana. Ma lasciamoli stare per un attimo i g-ottini e i silvio vari, per un istante usciamo dall’incasellamento in cui siamo finiti, e pensiamo a noi come essere umani viventi. E pensanti. Soprattutto. E allora un buon libro può dare spunto a qualsiasi idea, fornire un argomento di discussione, non importa quale sia, se sia attuale o meno, che coinvolga o meno le masse. Ma che serva a discutere, antica arte oggi in disuso, che serva a far passare 2 ore seduti davanti a una birra in un fumoso pub della bassa, o che accompagni un assurdo giro in macchina alle 2 di notte senza meta. Prendere uno stralcio di un libro, pubblicarlo così com’è, e lasciare a noi lettori e attori della vita di oggi la discussione, il pensiero che ci si può costruire sopra. Oggi parliamo di libertà, della società, della felicità, della stabilità, del nostro futuro. Mi sembrano motivi validi per leggere Il mondo nuovo.



«Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere. Sta bene; è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata né da padri né da madri; non ha spose,figli o amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di condursi come si deve. E se per caso qualche cosa non va, c’è il soma…» […]

Il Selvaggio scosse la testa. «Tutto questo mi sembra assolutamente orribile.»

« Si capisce. La felicità effettiva sembra sempre molto squallida in confronto ai grandi compensi che la miseria trova. E si capisce anche che la stabilità non è neppure emozionante come l’instabilità. E l’essere contenti non ha nulla d’affascinante al paragone di una buona lotta contro la sfortuna, nulla del pittoresco d’una lotta contro la tentazione, o di una fatale sconfitta a causa della passione o del dubbio. La felicità non è mai grandiosa. » […]

« D’altra parte dobbiamo pensare alla nostra stabilità. Ogni cambiamento è una minaccia per la stabilità. Questa è un’altra ragione per cui noi siamo poco disposti a utilizzare le nuove invenzioni. Ogni scoperta nel campo della scienza pura è sovversiva in potenza; anche la scienza deve talvolta esser trattata come un possibile nemico. Sì, anche la scienza. » […] « Sì », diceva Mustafà Mond « questo è un altro articolo al passivo della stabilità. Non è solo l’arte a essere incompatibile con la stabilità; c’è anche la scienza. La scienza è pericolosa; noi dobbiamo tenerla con la massima cura incatenata e con tanto di museruola. » […] « Il Nostro Ford personalmente fece un grande sforzo per trasferire l’importanza della verità e della bellezza ai comodi e alla felicità. La produzione in massa esigeva questo trasferimento. La felicità universale mantiene in ordine gli ingranaggi; la verità e la bellezza non lo possono. E, beninteso, ogni volta che le masse si impadronivano del potere politico, era la felicità piuttosto che la verità e la bellezza che importava. Tuttavia, nonostante tutto, le ricerche scientifiche senza restrizione erano ancora permesse. Si continuava a parlare della verità e della bellezza come se fossero dei beni sovrani. Fino all’epoca della Guerra dei Nove Anni. La gente allora era disposta a lasciar controllare anche i suoi appetiti. Tutto, pur di vivere tranquilli. Questo non è stato un bene per la verità, d’accordo, ma è stato eccellente per la felicità. Non si può avere nulla per nulla. La felicità bisogna pagarla. Voi la pagate, signor Watson; pagate perché vi state interessando troppo alla bellezza. Io m’interessavo troppo alla verità, e ho pagato anch’io. »

[…]

« Arte, scienza… mi sembra che abbiate pagato un prezzo considerevole per la vostra felicità » disse il Selvaggio quando furono soli. « Non c’è altro? »

« Ma sì, certo, c’è la religione » rispose il Governatore. « C’era una volta anche qualche cosa chiamata Dio, prima della Guerra dei Nove Anni.Ma dimenticavo; voi sapete bene cos’è Dio, suppongo. »

« Diamine… » Il Selvaggio esitò. Avrebbe voluto dire qualche cosa della solitudine, della notte, dell’altipiano che si stende pallido sotto la luna, del precipizio, della caduta nelle tenebre fonde, della morte. Avrebbe voluto parlare, ma non c’erano parole. Neppure in Shakespeare. […]

« “Potete essere indipendenti da Dio soltanto mentre avete la giovinezza e la prosperità; l’indipendenza non può accompagnarvi sicuramente fino alla morte.” Ebbene, ecco che noi abbiamo la giovinezza e la prosperità sino alla fine. Che ne risulta? Evidentemente, che possiamo essere indipendenti da Dio. “Il sentimento religioso ci compenserà di tutte le nostre perdite.” Ma non ci sono perdite da compensare; il sentimento religioso è superfluo. Perché dovremmo andare alla ricerca di un surrogato dei desideri giovanili, dal momento che i desideri giovanili non ci fanno mai difetto? Di un surrogato delle distrazioni, dal momento che continuiamo a divertirci di tutte le vecchie pazzie sino alla fine? Che bisogno abbiamo di riposo se i nostri spiriti ed i nostri corpi continuano a gioire nell’attività? O di consolazione se abbiamo il soma? O di qualche cosa d’immutabile se c’è l’ordine sociale? »

« Allora voi credete che Dio non ci sia? »

« No, io credo che molto probabilmente ce n’è uno. »

« Allora perché… »

Mustafà Mond lo fermò. « Ma egli si manifesta in modi differenti ai diversi uomini. Nei tempi pre-moderni si manifestava come l’essere che è descritto in questi libri. Adesso… »

« Come si manifesta adesso? » domandò il Selvaggio.

« Ecco, si manifesta come un’assenza; come se non esistesse del tutto. »

« Questa è colpa vostra. »

« Dite che è colpa della civiltà. Dio non è compatibile con le macchine, con la medicina scientifica e con la felicità universale. Bisogna fare la propria scelta. »

[…]

« Vi ricordate quel passo del Re Lear? » disse finalmente il Selvaggio. « “gli dei sono giusti, e dei nostri amabili vizi fanno degli strumenti per torturarci… il posto oscuro e corrotto dove ti concepì gli costò gli occhi” ed Edmondo risponde (ricordate? È ferito, è morente): “Tu hai detto bene, è la verità. La ruota ha fatto il suo giro completo; eccomi”. Cosa ne dite voi? Non sembra che ci sia un dio che dirige le cose, punisce e ricompensa? »

« Sembra? » interrogò a sua volta il Governatore. «Voi potete abbandonarvi a un buon numero di amabili vizi con una neutra senza correre il rischio di farvi strappare gli occhi dall’amante di vostro figlio. “La ruota ha fatto il suo giro completo, eccomi.” Ma dove sarebbe Edmondo ai giorni nostri? Seduto in una poltrona pneumatica, colle braccia attorno alla vita di una ragazza, masticando le tavolette di gomma di ormoni sessuali e guardando un film odoroso. Gli Dei sono giusti, non c’è dubbio. Ma il loro codice di leggi è dettato, in ultima analisi, dalla gente che organizza la società; la Provvidenza riceve la sua parola d’ordine dagli uomini. »

« Ne siete sicuro? » domandò il selvaggio. « Siete proprio sicuro che Edmondo, in questa poltrona pneumatica, non è stato punito così severamente come l’Edmondo ferito e sanguinante a morte? Gli Dei sono giusti. Non hanno usato dei suoi amabili vizi come d’uno strumento per degradarlo? »

« Degradarlo da quale stato? Come cittadino felice, assiduo al lavoro, consumatore di beni, egli è perfetto. »

[…]

« Se vi lasciate andare a pensare a Dio, non vi lascereste degradare da amabili vizi. Avreste una ragione per sopportare pazientemente le cose, per fare le cose con coraggio. L’ho visto fare con gli Indiani. »

« Ne sono convinto » disse Mustafà Mond. « Ma noi non siamo Indiani. Un uomo civilizzato non ha nessun bisogno di sopportare alcunché di particolarmente sgradevole. E quanto a fare le cose, Ford lo preservi dall’avere mai simile idea in testa! Tutto l’ordine sociale sarebbe sovvertito se gli uomini si mettessero a fare le cose di loro propria testa. »

« E la rinuncia allora? Se credeste in Dio, avreste una ragione di rinuncia. »

« Ma la civiltà industriale è possibile soltanto quando non ci sia la rinuncia. Concedersi tutto sino ai limiti estremi dell’igiene e delle leggi economiche. Altrimenti le ruote cessano di girare. »

« avreste una ragione di castità! » disse il Selvaggio arrossendo leggermente mentre pronunciava queste parole.

« Ma la castità vuol dire passione, vuol dire nevrastenia. E passione e nevrastenia vogliono dire instabilità. E instabilità vuol dire fine della civiltà. Non si può avere una civiltà durevole senza una buona quantità di amabili vizi. »

« Ma Dio è la ragione d’essere di tutto ciò che è nobile, bello, eroico. Se voi aveste un Dio… »

« Mio caro, giovane amico » disse Mustafà Mond « la civiltà non ha assolutamente bisogno di nobiltà e di eroismo. Queste cose sono sintomi d’insufficienza politica. In una società convenientemente organizzata come la nostra nessuno ha delle occasioni di essere nobile ed eroico. Bisogna che le condizioni diventino profondamente instabili prima che l’occasione possa presentarsi. Dove ci sono guerre, dove ci sono giuramenti di fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cui resistere, oggetti d’amore per i quali combattere o da difendere, là certo la nobiltà e l’eroismo hanno un peso. Ma ai nostri giorni non ci sono guerre. La massima cura è posta nell’impedirci di amare troppo qualsiasi cosa. Non c’è nulla che rassomigli a un giuramento di fedeltà collettiva; siete condizionati in modo tale che non potete astenervi dal fare ciò che dovete fare. E ciò che dovete fare è, nell’insieme, così gradevole, un tal numero di impulsi naturali sono lasciati liberi di sfogarsi, che veramente non ci sono tentazioni alle quali resistere. E se mai, per mala sorte, avvenisse in un modo o nell’altro qualche cosa di sgradevole, ebbene, c’è sempre il soma che vi permette una vacanza, lontano dai fatti reali. E c’è sempre il soma per calmare la vostra collera, per riconciliarvi coi vostri nemici, per rendervi paziente e tollerante. Nel passato non si potevano compiere queste cose che facendo grandi sforzi e dopo anni di penoso allenamento morale. Adesso si mandano giù due o tre compresse di mezzo grammo, e tutto è a posto. Tutti possono essere virtuosi, adesso. Si può portare indosso almeno la metà della propria moralità in bottiglia. Il Cristianesimo senza lacrime, ecco cos’è il soma. »

« Ma le lacrime sono necessarie. […] C’è una storia che usava raccontarci uno dei vecchi Indiani sulla Ragazza di Matsaki. I giovanotti che desideravano sposarla dovevano passare una mattina a zappare nel suo giardino. La cosa sembrava facile, ma c’erano delle mosche e delle zanzare tutte stregate. La maggior parte dei giovani non poteva assolutamente sopportare i morsi e le punture. Ma colui che ci riusciva, otteneva in premio la ragazza. »

« Graziosa! Ma nei paesi civili » disse il Governatore » si possono avere delle ragazze senza zappare per loro; e non ci sono mosche e zanzare che vi pungono. Ce ne siamo sbarazzati già da secoli. »

Il Selvaggio assentì, accigliato. « ve ne siete sbarazzati, già è il vostro sistema. Sbarazzarsi di tutto ciò che non è gradito, invece di imparare a sopportarlo. Resta a sapere se è spiritualmente più nobile subire i colpi e le frecce dell’avversa fortuna, o prendere le armi contro un oceano di mali e opporsi ad essi sino alla fine… Ma voi non fate né l’una né l’altra cosa. Voi né sopportate né affrontate. Abolite semplicemente i colpi e le frecce. E’ troppo facile. »

[…]

« Ciò che vi abbisogna » riprese il Selvaggio « è qualche cosa che implichi il pianto, per cambiare. Nulla costa abbastanza qui. » […] « “Esporre ciò che è mortale e indifeso al caso, alla morte e al pericolo, fosse pure un guscio.” Non è qualche cosa questo? » domandò guardando Mustafà Mond. « Anche astraendo da Dio; e tuttavia Dio ne costituirebbe pur sempre una ragione. Non è qualche cosa vivere pericolosamente? »

« E’ molto » rispose il Governatore. « gli uomini e le donne hanno bisogno che si stimolino di tanto in tanto le loro capsule surrenali. »

« Cosa? » fece il Selvaggio che non capiva.

« E’ una delle condizioni di perfetta salute. E’ per questo che abbiamo reso obbligatorie le cure S.P.V. »

« S.P.V. ? »

« Surrogato di Passione Violenta regolarmente, una volta al mese, irrighiamo tutto l’organismo con adrenalina. E’ l’equivalente fisiologico completo della paura e della collera. Tutti gli effetti tonici dell’uccisione di Desdemona e del fatto che è uccisa da Otello, senza nessuno degli inconvenienti. »

« Ma io amo gli inconvenienti. »

« Noi no » disse il Governatore. « Noi preferiamo fare le cose con ogni comodità. »

« Ma io non ne voglio di comodità . Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato. »

« Insomma » disse Mustafà Mond « voi reclamate il diritto di essere infelice. »

« Ebbene, sì » disse il Selvaggio in tono di sfida « io reclamo il diritto d’essere infelice. »

« Senza parlare del diritto di diventare vecchio e brutto e impotente; il diritto d’avere la sifilide e il cancro; il diritto d’avere poco da mangiare; il diritto d’essere pidocchioso; il diritto di vivere nell’apprensione costante di ciò che potrà accadere domani; il diritto di prendere il tifo; il diritto di essere torturato da indicibili dolori d’ogni specie. »

Ci fu un lungo silenzio.

« Io li reclamo tutti » disse il Selvaggio finalmente.

 

 

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