Se i presidenti non lo fanno alle loro mogli lo fanno al paese!
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Rosso o Blu?

La riforma fiscale del governo Berlusconi ha rivoluzionato le seguenti aliquote IRPEF attualmente in vigore per i corrispondenti scaglioni di reddito:

¨      18% per redditi fino a 20 milioni annui
¨       24% per i redditi fino a 30 milioni annui
¨       32% fino a 60 milioni annui
¨       39% fino a 135 annui
¨       45% per redditi oltre i 135 milioni annui

Esse saranno sostituite da due sole aliquote, rispettivamente

¨      23% per i redditi fino a 100.000 euro (circa 200 milioni di lire)
¨      33% oltre il suddetto importo.

Ecco i risultati della riforma (basta una semplice calcolatrice non serve il commercialista Tremonti!!!):

REDDITO
IN LIRE

IMPOSTA IRPEF ATTUALE

IMPOSTA IRPEF FUTURA

DIFFERENZA DA PAGARE

20.000.000

3.600.000

4.600.000

+ 1.000.000

25.000.000

4.800.000

5.750.000

+ 950.000

30.000.000

6.000.000

6.900.000

+ 900.000

35.000.000

7.600.000

8.050.000

+ 450.000

40.000.000

9.200.000

9.200.000

0

50.000.000

12.400.000

11.500.000

- 900.000

100.000.000

31.200.000

23.000.000

- 8.200.000

135.000.000

44.850.000

31.050.000

- 13.800.000

200.000.000

74.100.000

46.000.000

- 28.100.000

      500.000.000

209.100.000

112.000.000

- 97.100.000 

 

 

 

 

 

 

 

Se ancora non ti è chiaro il concetto, il lavoratore medio italiano con un reddito lordo annuo di 30 milioni di lire pagherà 
900.000 lire di tasse in più all'anno !

Chi invece ha un reddito lordo di 100 milioni si vedrà aumentare la sua retribuzione annua 
di più di 8.000.000 di lire!!!
Il POLO DELLE LIBERTA' sta' spennando il "POLLO" che l'ha votato!!!!!!!!!!!!



Berlusconi
di Ignacio Ramonet 
(Direttore di Le monde diplomatique) 
trad. a cura di Ludovico Maria


Di tutte le forme di "persuasione clandestina" la più implacabile è quella che è semplicemente esercitata dall'ordine delle cose. - Pierre Bourdieu 

In Italia, l'ordine delle cose ha persuaso in modo invisibile la maggior parte degli elettori che il tempo dei partiti tradizionali è finito. Questa convinzione si è ben radicata come si evince dal seguente rapporto: il
sistema politico conosce, dagli anni 80, una degenerazione accelerata. Alcuni parlano di "cancrena" e di "putrefazione". La corruzione si è generalizzata e ha preso delle proporzioni allucinanti. Il sistema delle
bustarelle è costato al paese più di 75 miliardi di euro... Il finanziamento occulto dei partiti ha favorito un incredibile arricchimento personale dei principali dirigenti politici, in particolare dei socialisti e dei
democristiani. "Chiunque avesse avuto gli occhi per vedere, ha potuto affermare Indro Montanelli, si rendeva conto di come il livello di vita dell'alta dirigenza contrastasse con le loro dichiarazione dei redditi".(1)

Dal 1992, una valanga di affari illeciti sono scoperti dall'operazione "Mani Pulite" e dal giudice Antonio Di Pietro. L' ex-presidente del consiglio e capo dei socialisti, Bettino Craxi, accusato di essersi arricchito illegalmente, si dimette nel caos più totale, schernito da una folla rabbiosa che tenta addirittura di linciarlo... A sua volta, Giulio Andreotti, anche lui ex-presidente del consiglio e principale dirigente
della Democrazia Cristiana è indagato, la sua reputazione infangata, accusato di "collusione con la mafia", di "complicità in omicidi"...

La caduta di questi due giganti sconvolge l'insieme del sistema politico, che vede nello spazio di qualche mese centinaia di deputati e di senatori e di ex ministri messi alla berlina, colpiti dagli scandali, inquisiti dai
giudici e vilipesi dai mass media...Accusata di malversazioni di ogni tipo, la classe politica al potere si
ritrova decapitata, sconfessata dall'opinione pubblica, e sprofonda nel discredito.
"Il vuoto è tale, il panico è talmente forte, scrive Eric Joszef, che molti temono apertamente al colpo di Stato".
In mezzo a questo grande naufragio, non è tramite un colpo di Stato, ma attraverso il ricorso a una sorta di ipnosi televisiva collettiva, che Silvio Berlusconi, già alleato ai post-fascisti di Alleanza Nazionale e ai
xenofobi della Lega Nord, vince una prima volta le elezioni e diventa presidente del consiglio da maggio a dicembre nel 1994.
Questa esperienza del potere sarà fallimentare.
Ma non scoraggerà Berlusconi, accusato lui stesso di affarismo, di loschi espedienti e di truffe, che, per ridiventare capo del governo nel maggio del 2001, ha potuto contare sui suoi numerosi assi.

Quali assi? In primo luogo quelli che gli offre la sua immensa fortuna, la 14ª nel mondo e la prima in Italia(3). Una fortuna costruita iniziata dal nulla, grazie alla protezione del suo amico Bettino Craxi. A colpi di
raggiri, ha successo prima nel settore immobiliare, poi nella grande distribuzione e nei supermercati, in seguito nelle assicurazioni e nella pubblicità, e infine nel cinema e nella televisione. Diventa, con il gruppo
Bertelsmann, Rupert Murdoch, Leo Kirsch et Jean-Marie Messier, uno degli imperatori dei mass media in Europa.

Berlusconi mette a profitto la sua favolosa ricchezza e la formidabile potenza che gli conferiscono, in materia di violenza simbolica(4), i suoi canali televisivi per dimostrare, nell'ora della globalizzazione, una
semplice equazione: quando si possiede il potere economico e il potere mediatico, il potere politico si acquisisce quasi automaticamente(5). E anche in modo trionfale, poiché il suo partito, Forza Italia, ha ottenuto il 13 maggio 2001 circa il 30% dei voti alle elezioni legislative, diventando così la prima formazione politica d'Italia....

Demagogo e populista, Berlusconi non si preoccupa degli scrupoli. In materia di alleati, non ha esitato a scendere a patti con l'ex-fascista Gianfranco Fini e il razzista Umberto Bossi. Questi tre uomini costituiscono il triumvirato il più grottesco e il più nauseabondo d'Europa. Al punto che, ben prima delle elezioni, un settimanale britannico, ricordando le accuse presentate dalla giustizia italiana contro Berlusconi, stimava che un tale dirigente "non era degno di governare l'Italia", poiché costituiva "un pericolo per la democrazia" e una "minaccia per lo Stato di diritto (6)".

Questi oscuri presagi si sono rivelati giusti. Dopo il pietoso crollo dei partiti tradizionali, la società italiana, seppur emancipata, assiste abbastanza impassibile (solo il mondo del cinema è entrato in resistenza) all'attuale degradazione di un sistema politico sempre più confuso, stravagante, ridicolo e pericoloso.
Con il sarcasmo di un imbonitore di piazza e grazie al suo monopolio della televisione, Berlusconi mette in opera quello che Dario Fo qualifica il "nuovo fascismo" (7).
Tutta la faccenda è di saper in quale misura questo modello italiano così preoccupante rischia di estendersi domani ad altri paesi europei...
IGNACIO RAMONET

Date - soggetti - paesi

(1) citato da Eric Joszef, Mani basse sull'Italia. L'irresistibile ascesa di
Silvio Berlusconi, Grasset, Paris, 2001, p. 37
(2) Ibid, p. 41
(3) La rivista americana Forbes stima la fortuna di Berlusconi a 14.5
miliardi di euro.
(4) "La violenza simbolica è quella forma di violenza che si esercita sulla
società con la sua complicità" Pierre Bourdieu, in Réponses, Seuil, Paris,
1992, p. 142
(5) Dimostrazione ugualmente fatta da Michael Bloomberg, miliardario
americano, proprietario del network planetario di informazioni economiche
non stop Bloomberg TV, che ha investito più di 77.5 milioni di eruro per la
sua campagna elettorale e ha potuto così realizzare il suo sogno di
diventare, dal 1° dicembre 2001, sindaco di New York
(6) The Economist, Londra, 28 aprile 2001
(7) Dario Fo, "Il nuovo fascismo è arrivato", Le Monde, 11 gennaio 2002.


Lettera di tal Silvio Berlusconi
a cura di Marco Travaglio



Ricevo una lettera firmata da tal Berlusconi Silvio, che nello stile somiglia molto al presidente del consiglio. Non potendo appurarne l'autenticità, credo di fare cosa gradita mettendone a parte coloro che ancora dubitano delle nobili motivazioni ispiratrici della Sua azione politica nei suoi primi mesi di governo. Autentica o meno che sia, la lettera, per le sue stringenti e convincenti argomentazioni, ha messo a dura prova il mio animus di "demonizzatore".

Caro Amico delle Libertà,

purtroppo i miei impegni di statista non mi consentono di incontrarLa di persona. Ma vorrei farLe giungere ugualmente tutta la mia vicinanza. So bene, per averlo appreso da Giuliano Ferrara e Nando Adornato, quanto sia duro uscire dal tunnel della propaganda comunista, giustizialista e giacobina. Ma confido che presto, dopo la lettura di questa mia, compirà anche Lei il Grande Passo verso la Libertà, lontano dalle guerre civili che hanno insanguinato l’ultimo decennio in Italia. E in nome di quella Questione Morale che è da sempre il mio programma di vita e di governo. 

Noto con piacere che Lei ricorda spesso i fiori all’occhiello dei miei primi 8 mesi di governo: rogatorie, falso in bilancio, immunità parlamentare, sanatoria per i capitali esportati illegalmente". Anch’io, come voi, deploro "l’uso delle istituzioni per interesse privato": pensi che i miei avversari pretenderebbero che io e i miei amici fossimo gli unici a non beneficiare di queste fondamentali riforme, approvate nell’interesse generale del Paese. E poi, si metta nei miei panni. Ho tre processi per falso in bilancio e due per corruzione in atti giudiziari: sfido chiunque, nelle mie condizioni, a occuparsi di sfida a duello e furto di bestiame. 

Mi consenta ora di riepilogare brevemente la filosofia che ci ha ispirati in questi primi otto mesi di governo delle libertà. Che poi è la stessa mi spinse a scendere in campo nell’indimenticabile 1994. 

Abbiamo esordito con la legge sulle donazioni e le successioni: i soliti pauperisti della sinistra si erano limitati ad esenzioni fiscali fino a 300 milioni: ma oggigiorno chi è così straccione da non avere più di 300 milioni da donare ai figli? E poi si metta nei miei panni: qualche mese fa, in campagna elettorale, ho scoperto di avere 1500 miliardi di fondi neri all’estero, nelle isole del canale e in altri posti che nemmeno sapevo esistessero. I miei collaboratori, come al solito, avevano fatto tutto a mia insaputa: volevano farmi una sorpresa per il mio compleanno. Ma ora che me l’hanno fatta, vorrei dividere quel modesto gruzzolo fra i miei figli, ai quali finora, con immensi sacrifici, ero riuscito a intestare soltanto una villa in Costa Smeralda per ciascuno. Voi direte: potevi farlo pagando le tasse. Ma così rinfocolerei le polemiche sul presunto conflitto d’interessi: qualcuno potrebbe trovare inelegante che io paghi tutte quelle tasse allo Stato proprio ora che lo Stato sono io.

Il naturale completamento di questa riforma è la legge sul rientro dei capitali all’estero. Conosco imprenditori che si sono fatti da sè in Aspromonte e in Barbagia, i quali, dopo una vita di onesto lavoro ospitando forestieri venuti dal Nord, non potevano spendere nemmeno una lira per paura che qualche ispettore sospettoso gliene chiedesse la provenienza. Adesso qualcuno dirà che facevano i sequestri di persona. Che paroloni. Noi preferiamo considerare queste attività nell’àmbito del ramo "bed and breakfast". Ora consentiremo loro di portare all’onor del mondo le loro sudate ricchezze, contribuendo al rilancio dell’economia e del turismo di quelle lande desolate. Quando i pastori dell’Aspromonte e della Barbagia cominceranno a circolare a bordo di cortei di Limousine e a costruirsi ville con piscina e rubinetti in oro zecchino, il turismo e l’economia nazionale non potranno che beneficiarne. L’esperienza della Chicago anni 30, alla quale noi ci ispiriamo, insegna. Ne conveniva con me il mio nuovo consulente per la finanza internazionale, Maurizio Raggio, nel nostro recente vertice a Portofino. 

A proposito di consulenze: ho appena ingaggiato a Palazzo Chigi l’amico Gianni De Michelis, per la politica estera nei Balcani: casomai in quella sventurata regione fosse rimasto in piedi qualcosa, arriva De Michelis. 

A questo punto, la riforma del falso in bilancio non ha più bisogno di presentazioni. L’Italia delle Libertà deve liberarsi di queste residue pastoie che impediscono il dispiegarsi della libera intrapresa. E poi non è vero che abbiamo depenalizzato quel reato, l’abbiamo semplicemente adeguato alle esigenze del nuovo millennio. Abbiamo dovuto ridurre le pene, francamente eccessive: pensate che il collega Cesare Romiti, per 100 miliardi e più di fondi neri, è stato condannato addirittura a 11 mesi e 20 giorni con la condizionale. Anche i termini di prescrizione erano esagerati: ora, invece, se io falsifico un bilancio oggi, domani è già prescritto. Mi pare un tempo sufficiente per celebrare i tre gradi di giudizio, in ossequio alla legge costituzionale del giusto processo, che ne raccomanda la "ragionevole durata". Il che mette al riparo le aziende dalle invasioni di campo della magistratura. Abbiamo pure stabilito l’obbligo di denuncia da parte del socio. Nel caso della Fininvest, ad esempio, l’unico socio confessabile sono io, ma vorrei evitare le facili ironie su Berlusconi che denuncia Berlusconi: anche a me, ogni tanto, capita di litigare con me stesso. 

E poi, come avrà saputo, il presidente del Consiglio Berlusconi è parte civile contro il padrone della Fininvest Silvio Berlusconi, imputato nei processi per corruzione dei giudici. In tale doppia veste, ho subito ritenuto di promuovere a più alto incarico l’avvocato dello Stato Salvemini (nome inquietante quant’altri mai): troppo bravo per continuare a sostenere l’accusa contro di me. L’abbiamo mandato a Brescia, città a misura d’uomo, più consona alle sue legittime aspirazioni.

D’altra parte noi prendiamo molto sul serio il principio, tipico degli amici americani, dello spoil system: che, mi assicurano i miei traduttori, significa spogliare lo Stato e lasciarlo in brache di tela. Per questo abbiamo allontanato dal ministero delle Finanze il capo del Dipartimento Entrate, Massimo Romano. Pensate che, con tutto quel che aveva da fare, quel boiardo rosso aveva trovato il tempo per indagare sull’uso della legge Tremonti da parte della Mediaset. Per fortuna l’abbiamo colto con le mani nel sacco e l’abbiamo subito punito, memori di un altro insegnamento degli amici americani: tolleranza zero. Per gli altri, s’intende.

A proposito di economia, non accetto ironie sulle nostre promesse elettorali, a cominciare dall’aumento delle pensioni e dalla riduzione delle tasse: l’amico Tremonti sta predisponendo i primi provvedimenti in tal senso, che saranno riservati, per cominciare, a tutti gli ultraottantenni, purchè accompagnati dai genitori. 

Lei non può neanche immaginare che cosa abbiamo trovato, nella stanza dei bottoni. Pensate che al Commissariato antiracket le sinistre avevano piazzato un certo Tano Grasso, un commerciante che si fa bello con la scusa di non aver pagato il pizzo alla mafia. Un cattivo maestro, insomma: noi della Fininvest il pizzo lo pagavamo persino all’ultimo maresciallo della Guardia di finanza, figuratevi alla mafia. Lo spudorato, comunque, ha fiutato l’aria che tira e s’è fatto da parte spontaneamente. E’ bastato che l’amico Scajola gli comunicasse che il suo ufficio era trasferito a Genova, e che poteva scegliere fra la scuola Diaz e la caserma di Bolzaneto. 

Non Le dico, poi, cos’era prima del nostro arrivo il ministero di Grazia e Giustizia, che noi per brevità chiamiamo ministero di Grazia: in controtendenza con il parlamento e il governo, nemmeno un inquisito o un condannato. In compenso, era infestato di magistrati. I quali, invece di ringraziare in silenzio per l’ospitalità, pretendevano addirittura di esprimere pareri sulle riforme della giustizia. Dicevano, ad esempio, che la legge sulle rogatorie avrebbe reso più difficile la lotta internazionale al crimine, quando è universalmente noto che sarà fondamentale per stanare e sgominare finalmente quella banda di criminali che risiedono nelle Procure di Milano e di Palermo. Ora qualcuno sottilizza sul fatto che anche i miei legali e quelli di Previti abbiano chiesto di cestinare le rogatorie dei nostri processi. Bel senso dell’equità e della giustizia! Se la fanno franca i riciclatori di denaro sporco, il boss Prudentino, l’amico Pacini Battaglia, l’internazionale dei pedofili, i contrabbandieri del Montenegro, perché mai le rogatorie dovrebbero valere solo per noi, che oltretutto abbiamo fatto la legge? Se la legge è uguale per tutti, dev’esserlo pure - vivaddio - l’impunità. E’ una garanzia costituzionale.

Lo dice anche l’ingegner Castelli, il nostro valido ed esperto Guardasigilli, che ha subito provveduto a disinfestare il ministero. E’ bastato rimpiazzare tutti quei magistrati pericolosamente esperti con uno solo: Augusta Iannini, la moglie di Bruno Vespa. Al resto provvederanno gli avvocati. Io, per comodità, ho messo a disposizione i miei, nel tempo libero che avanzeranno dai miei processi e dagli impegni parlamentari. Sul modello degli amanuensi medievali, incaricati di preservare le vestigia della nostra Superiore Civiltà Occidentale, sto mettendo in piedi una commissione presieduta dall’amico Carlo Nordio per la riscrittura dei codici: non più quelli bizantini, ma quelli penali. La supervisione sarà affidata ai nostri collaudati giureconsulti, Cesare Previti e Marcello Dell’Utri. Vittorio Mangano, purtroppo, è recentemente scomparso. 

Il club della menzogna, affiancato dalla stampa nazionale controllata dal partito comunista e da quella internazionale pilotata da Gavino Angius, ha sollevato polemiche pretestuose sulla decisione del nostro ministro dell’Interno Claudio Scajola di abrogare le scorte per alcuni magistrati antimafia in presunto pericolo. Anche su questo punto, vorrei tranquillizzare gli amici magistrati: con le riforme della giustizia che stiamo completando, nel solco di quelle già avviate dall’amico centrosinistra nell’ultimo, operoso quinquennio, nessun magistrato sarà più in pericolo. L’ha già anticipato l’amico Lunardi: basta con la guerra civile, è tempo di pacificazione. Anche con la mafia, come con Tangentopoli, bisogna convivere. Abbiamo persino proposto una legge che consente il patteggiamento per le stragi, per lanciare un segnale distensivo. Ora, quando anche le ultime procure si acconceranno al nuovo clima bipartisan, nessun mafioso e nessun criminale si sentirà più minacciato dai magistrati. Così si smetterà di progettare assurdi e anacronistici attentati contro di loro. E le scorte diventeranno un inutile, superfluo, dispendioso retaggio di un passato che non deve ripetersi mai più. E’ per questo che stiamo disarmando i giudici: per proteggerli, per salvargli la vita.

Per chiudere anche formalmente questo decennio di guerra civile, abbiamo in mente una serie di iniziative, a cominciare dalle commissioni parlamentari d’inchiesta su Tangentopoli, su Telekom Serbia, sul dossier Mitrokhin, e prossimamente – a Dio piacendo - sulla battaglia di Lissa e sulle guerre puniche. Qualcuno, ironizzando, potrà dire che il Parlamento che invoca piena luce su Tangentopoli è come Gelli che chiede piena luce sulla P2 e Rina che chiede piena luce su Cosa Nostra. Ma sono battute senza senso: a parte le tangenti alla Guardia di Finanza, la mazzetta di 21 miliardi a Craxi, i passaggi di denaro dai conti di Previti a quelli del giudice Squillante, io con Tangentopoli non c’entro nulla. E, a parte un’ottantina di neoparlamentari condannati e inquisiti, non c’entra neppure il Parlamento. Le commissioni non resteranno comunque un’iniziativa isolata. Nel decennale dell’arresto di Mario Chiesa, il 17 febbraio 2002, ci riuniremo tutti in piazza Duomo a Milano per un grande "Craxi Day". Poi, in estate, tutti in piazza Politeama, a Palermo, per un festoso "Mafia Day", nel ricordo commosso del secondo anniversario della morte di Vittorio Mangano. Senza dimenticare, s’intende, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Soprattutto Borsellino, al quale va il nostro deferente e imperituro ricordo: come ricorderete, proprio nell’ultima intervista televisiva prima di morire, l’eroico magistrato mi fece il grande onore di dedicare una citazione a me e una agli amici Dell’Utri e Mangano. Non l’ho mai dimenticato, anche se ho sempre evitato di diffondere quel video attraverso le mie televisioni. Per la mia naturale ritrosia e per non farmi troppa pubblicità. 

A questo proposito, si è molto favoleggiato del mio presunto conflitto d’interessi in campo televisivo. A parte il fatto che non ho mai notato particolari conflitti fra i miei interessi e le reti Rai e Fininvest, ora abbiamo un temibile concorrente: La 7, che abbiamo salvato da un sicuro tracollo finanziario facendola rilevare dall’amico Marco Tronchetti Provera, che sta riducendo i costi e ridisegnando i palinsesti: liquidati i troppo dispendiosi Fazio e Lerner, la rete diventerà monotematica e si specializzerà in programmi più economici ma di sicuro successo come le previsioni del tempo, le estrazioni del lotto, "Oggi al Parlamento", l’intervallo e il monoscopio, insidiando così pericolosamente la nostra programmazione. Ma non saremo certo noi, liberisti della prima ora, a lagnarci per l’arrivo di una robusta concorrenza. Insomma, come diceva sempre l’amico Mangano, siamo a cavallo. 

Quel che non potevamo proprio accettare era la presenza, ai vertici di un’azienda importante come la Telecom, di un personaggio, Roberto Colaninno, inquisito per falso in bilancio: e chi si credeva di essere, il presidente del Consiglio? Così abbiamo propiziato l’avvento dell’amico Tronchetti. I soliti professionisti della menzogna ha lanciato basse insinuazioni sul fatto che, all’indomani dell’acquisto della Telecom, Tronchetti ha voluto gentilmente rilevare anche la Edilnord da mio fratello Paolo a prezzo doppio rispetto al suo valore. Ma questi sono i colpacci di quel volpone di Paolo, che con quell’aria da finto ingenuo riesce sempre a mettere nel sacco chiunque: soprattutto da quando io sono presidente del Consiglio. Vi faccio una confidenza: il fratello furbo è lui. Anche quando confessa, lo fa così bene che lo assolvono sempre.

Come forse avrete saputo, anch’io ho ottenuto in omaggio un’assoluzione dalla Cassazione. È la solita insufficienza di prove, ma nessuno se n’è accorto. Meglio così. Non ditelo troppo in giro. In fondo, le barzellette come le racconto io non le sa raccontare nessuno. L’ho sempre detto che la magistratura va sempre rispettata. E la Cassazione ha riconosciuto ciò che avevo sempre sostenuto: nelle mie aziende non comanda nessuno. Il mio impiegato Salvatore Sciascia, che a tempo perso fa anche lo scrittore, ogni tanto prendeva l’iniziativa di corrompere la Guardia di Finanza senza dire niente a nessuno. Pensate che non veniva nemmeno a chiederci i soldi per le tangenti. Si autotassava. Ha risparmiato 350 sudati milioni e, anziché darsi alla bella vita, li ha spesi tutti per convincere la Guardia di Finanza a chiudere un occhio sulle nostre frodi fiscali. Di tasca sua, dal suo magro stipendio: pensate che dedizione.

Non Le dico, poi, i miei due eroici segretari, Niccolò Querci e Marinella Brambilla. Sono appena stati condannati a due anni e più per falsa testimonianza: avrebbero mentito per coprire me. Pensi la faccia che han fatto quando hanno scoperto che ero innocente. 

E poi c’è l’avvocato Massimo Maria Berruti, uno dei miei migliori collaboratori. E’ stato indagato, arrestato, condannato in primo grado, in appello e in Cassazione per favoreggiamento: organizzò un’operazione di depistaggio in grande stile per tappare la bocca ai finanzieri corrotti e salvare me. Le lascio immaginare come ci è rimasto quando ha scoperto che io ero innocente. Ma poi gli è passata, è un uomo devoto e si sacrifica volentieri. Anche perchè ora, dopo essere entrato in Parlamento, entrerà pure nel Guinness dei primati: è il primo caso di favoreggiatore che favoreggia un innocente.

Solo il partito della menzogna poteva pensare che io sapessi qualcosa di quelle brutte cose. Tutte storie. Alla Fininvest, per la prima volta nella storia, abbiamo realizzato la perfetta anarchia. L’ho sempre detto che la vera sinistra sono io. Diffidate delle imitazioni.

Dopo l’assoluzione, ho chiesto a tutti di restituirmi l’onore. Ma ha abboccato uno solo: l’amico Massimo D’Alema, quello che mi aveva scambiato per un padre costituente. Pensate che mi ha addirittura chiesto scusa per l’ingiusta condanna (come se me l’avesse inflitta lui). D’ora in poi, non so se l’avete saputo, le sentenze della Cassazione valgono di nuovo. Non come quella del 21 ottobre 2000, che mi riconosceva responsabile dei 23 miliardi di All Iberian a Craxi, ma dichiarava prescritto il reato: ecco, quella no, quella non valeva ancora. A proposito: ha un’idea di quanti sono 23 miliardi? La più grossa stecca mai pagata a un singolo uomo politico, l’ho pagata io. Tanto per darvi un’idea di quanto mi costava l’amico Bettino, pace all’anima sua. Benedetta Mani Pulite che me l’ha levato dai piedi: ora è molto più comodo, mi faccio le stesse cose da solo, e soprattutto gratis. Ma anche questo non vada a raccontarlo in giro, sennò la storia della guerra civile non attacca. 

Ora devo andare. Il dovere mi chiama. Sento già in lontananza le note della fanfara dei Lancieri di Montebello: sta arrivando a Palazzo Chigi il principe Al Waleed, socio della Fininvest e di Bin Laden. Abbiamo un vertice sulla lotta al terrorismo. 

La saluto affettuosamente e La aspetto, con tutti i suoi amici, nella Casa della Libertà Provvisoria.

 




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