Che Dio ci perdoni. E lo farà. E' il suo mestiere. (Marcello Marchesi)    
    
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Ultimo aggiornamento: 28/07/2002
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Fragmenta
Raccolta di pensieri ed aforismi del nostro tempo
 

Un altro problema viene proposto dalla nuova divisione del mondo. Nel 1951 il demografo francese Alfred Sauvy scrisse un libro, grazie al cui titolo si è cominciato a parlare di primo, secondo e terzo mondo. Con la fine degli anni ottanta tutto questo è cambiato: non esistono più un primo, un secondo e un terzo mondo, ma solo un mondo sviluppato e un mondo in via di sviluppo.

Il mondo sviluppato è il mondo del consumismo intensivo e sempre crescente. Il mondo non sviluppato è il mondo dell’indigenza permanente. Un’indigenza che, ovviamente, presenta varie gradazioni; ma, in linea generale la visione si presenta proprio in questi termini e, nella sua impostazione generale, appare anche molto stabile.

La tipicità di un’economia sottosviluppata consiste nel non essere in grado di generare i fattori del proprio sviluppo. Vale a dire che, se non riceve aiuti dall’esterno, dal mondo sviluppato – vuoi sotto forma di capitali e tecnologie, vuoi sotto forma di accesso ai mercati – non progredisce ma resta condannata a un generale deperimento. Possiamo considerare questo fenomeno come una forma di dominazione del mondo sviluppato su quello sottosviluppato.

Quali altre interdipendenze legano i due mondi?

Nel primo è in atto un continuo sviluppo, che pur tra gli alti e bassi dovuti a recessioni ed altri intoppi, resta sempre uno sviluppo. Le élite di questo mondo sono quindi interessate a una cosa sola, a mantenere le loro società in uno stato di tranquillo consumismo. Questo è di solito il criterio base del loro comportamento. Il consumismo intensivo richiede tranquillità. Non si può consumare se intorno tira aria di burrasca. Quindi, all’irrequieta e incombente realtà del mondo sottosviluppato, le élite rispondono con provvedimenti da fortezza assediata, con una sempre più accentuata sindrome da bunker.

La società opulenta vede nel mondo sottosviluppato tutta una serie di minacce. Il suo ragionamento è il seguente: se appena facciamo tanto di mettere il naso fuori dai nostri recinti, troviamo mille pericoli in agguato. In Russia, la mafia; al Sud, i fondamentalismi islamici ecc. Guerra ovunque. Quindi non ci resta che chiudere a doppia mandata le frontiere e proteggere a oltranza il nostro tranquillo consumismo.

Si tratta di una mentalità terribilmente difensiva, tipica di chi non ha la minima intenzione di risolvere la situazione. Si cerca solo di far durare il più possibile la fase del consumismo intensivo.

Ryszard Kapuściński, Lapidarium (raccolta di frammenti pubblicata nel 1995)


«Berlusconi fa pensare all’America latina, a Collor de Mello in Brasile: è il prototipo del populismo mediatico. La differenza è che il premier italiano possiede lui stesso i mezzi di comunicazione».


Guy Hermet, Le Monde, 18 maggio 2002


«La scena politica italiana ha tre volti: il populismo mediatico di Berlusconi, il populismo revisionista di Gianfranco Fini e il populismo etnico di Umberto Bossi. Quest’ultimo è il più pericoloso dei tre. Il più apertamente razzista».

Le Nouvel Observateur, 13 giugno 2002.


Straordinarie notizie dal cielo. «Forza Italia è un miracolo della provvidenza. L’avvento di Berlusconi è un evento quindi non spiegabile con la ragion politica».

Don Gianni Baget Bozzo, Agi, 15 giugno, ore 15.40


Non tutti sono disposti a riscrivere la Storia. «Dire la verità oggi, trasmettere la memoria, significa ricordare, anche in questi giorni difficili e turbolenti, che il governo fascista di Vichy non rappresentava la Francia. La Francia era la Resistenza».

Jean-Pierre Raffarin, Primo ministro francese, 21 luglio 2002


Compito numero uno non è la cosiddetta “concordia nazionale” della quale altri vanno blaterando, ma la totale eliminazione dei nostri nemici, nella vita nazionale, nella magistratura, nell’esercito, nell’insegnamento, nel sindacato».

Giovanni Preziosi, lettera a Mussolini, 31 gennaio 1944


Il contesto gli ha dato alla testa. «Le espressioni di Scajola erano per certi versi blasfeme. Ma anche nella Bibbia si può trovare che Dio non c’è, se uno prende una frase togliendola dal suo contesto».

Rocco Buttiglione, ministro delle Politiche Comunitarie, 2 luglio, ore 17,10


«Abbiamo finito di leggere con orrore le prediche di chi invita
alla sobillazione, alla rivolta, alla disobbedienza e fornisce istruzioni su come aggirare la Bossi-Fini. Si tratta di palesi reati. Ma in Italia non c’è l’obbligatorietà dell’azione penale?».

Gigi Moncalvo, Direttore, La Padania, 15 luglio, pag. 1


«Ci sono due stranezze nella legge italiana anti-immigrati. La prima è che gli italiani non sono razzisti e la legge lo è. La seconda è che proprio un governo che invoca la flessibilità vuole una legge che la impedisce».


The Wall Street Journal, Editoriale, 16 luglio, pagina 12


"Nella lotta alla mafia nessun impiego di risorse finanziarie produrrà effetti se lo Stato e le istituzioni non sono in grado di apparire imparziali distributori della fiducia necessaria al libero svolgimento della vita civile".

Paolo Borsellino, 17 novembre 1988

   

 

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