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La Pasqua, quando ero bambino

Quando ero piccolo si trascorreva la giornata di Pasqua in Abruzzo con nonni, zii e cugini dalla parte di mio padre. Natale a Ferrara, Pasqua in Abruzzo, fifty-fifty. Si mangiava sempre un sacco e c'erano le lasagne, che sembra strano mangiarle lontano 400 chilometri dalle zone dove sono nate, ma è anche vero che al nord si mangia la pizza che è nata a Napoli e quindi ci sta. Poi era il momento dell'agnello, che a me non piaceva ma dovevo mangiare lo stesso per fare contenta mia nonna. L'agnello non mi piaceva per due ragioni principalmente: era selvatico e duro da masticare, ed era cosparso di aceto insieme all'insalata che l'accompagnava. Se riuscivo a sopravvivere all'agnello poi si poteva aprire l'uovo di Pasqua.

Diciamocelo, l'uovo di Pasqua non era poi sta gran cosa anche per un bambino: molto meglio i regali di Natale che facevi la lista e qualcosa di quello che ti piaceva lo ottenevi. Ad andar bene nell'uovo di pasqua c'era un portachiavi da due lire, un pupazzetto, una macchinina inutile non richiesta. Gingilli che duravano un paio di giorni di attenzione. Poi si pose il problema dei regali per maschietti finiti in mano a femminucce e viceversa. Così andavano alla grande le uova con l'espressa dicitura e colore: regali per lui, regali per lei. Ti regalavano l'ovetto colore azzurro e dentro trovavi sempre balocchi di presunto interesse maschile: macchine, pistole, soldatini. Se eri goloso al limite ti rifacevi con il cioccolato, ma ho sempre preferito le barrette o le merendine, all'uovo al latte o fondente. Per aprirlo ero meticoloso: coltello alla mano per seguire il taglio a metà e dividere in due semisfere precise il tutto, con buona pace della madre insegnante di matematica. Siamo tipi precisi: avessi avuto per genitori dei camionisti forse avrei sfogato i miei istinti rompendo l'uovo con un bel pugno al centro.

Quindi con buona pace del catechista che insegnava l'importanza della Pasqua rispetto al Natale (la notizia è che Gesù è risorto, non che è nato, a nascere siam buoni tutti no?) ho sempre atteso con tiepido interesse l'arrivo della festa primaverile. Manca l'atmosfera e il calore che c'è a Natale, dove tutti diventano buoni, tutti comprano regali, si fanno un mucchio di sorrisi e bevono la cioccolata calda, si stringono per il freddo, cantano in coro, e cose così. Gli spot natalizi degli anni Ottanta devono avermi rovinato il cervello, ma senz'altro erano meglio della Cantata 147 di Bach che ogni anno allietava in tv la venuta delle uova kinder e ferrero.

Il giorno dopo Pasqua c'era Pasquetta. Quando ero piccolo non facevo le gite fuori porta e le scampagnate perché rimanevo in famiglia e quindi era un giorno un po' inutile. Per molti anni ho cercato di capire cosa fosse questa Pasquetta di cui tutti parlavano. Cercavo sul calendario quando fosse e non ne trovavo traccia da nessuna parte. Ho scoperto che era il cosiddetto Lunedì dell'Angelo solo intorno al Liceo, quando il cosa fare a Pasquetta divenne più rilevante di cosa fare a Pasqua. In ogni caso in montagna sul Gran Sasso fino alla fine degli anni Novanta c'era sempre molta neve, quindi non si andava molto in giro. Si stava tutto il giorno in casa davanti al camino, c'erano i compiti delle vacanze da fare, libri da leggere, a volte influenze primaverili da smaltire. In tempo per il rientro a scuola con il quaderno in ordine, la pancia piena e la faccia riposata.

Sineddoche

Le poesie non riusciamo mai a ricordarcele a memoria, non più almeno, e allora siamo andati in giro a imparare un po' di figure retoriche di qua e di là dagli Appennini. L'immancabile (?) e lentissima pagina con le foto si trova qui.

Chiedi chi era Diamante

Diamante era lo storico del paese. Nessuno l'aveva insignito di tale ruolo ma in ogni paese che si rispetti c'è sempre un sindaco, un prete, un ubriacone, un matto, ed altre figure tipiche. Lui conservava la memoria storica del paese: sapeva risalire ai tuoi antenati anche quattro o cinque generazioni indietro, conosceva la storia di tuo nonno e tuo bisnonno, i nomi dei caduti, gli anni in cui si erano svolte le feste patronali, quelli in cui un giornalista Rai era passato per documentare qualcosa in paese e quelli in cui gli emigranti erano partiti per il Canadà, nel primo dopoguerra. Salutava tutti e di tutti voleva sapere ogni cosa: se eri capitato in paese doveva esserci un motivo, e sapere quel motivo era tutta la sua vita.

Annotava tutto quello che succedeva in piccoli quadernetti delle elementari, diari preziosi di una quotidianità piuttosto monotona, come si addice ad un piccolo paese di montagna. Un giorno che lo andai a trovare da ragazzino insieme a suo nipote Mimmo per saperne di più su leggende e antiche memorie del paese, ci offrì contento da bere il consueto analcolico e riempì il suo tavolo di foglietti “a cura dello scrivente”, da lui redatti con minuziosa cura a macchina da scrivere e bordati a pennarello rosso uno ad uno. Opuscoli su chiese e monumenti colmi di arte e storia, racconti favolistici scritti in un ampolloso italiano d'antan unici nel loro genere, che fotocopiava e distribuiva in occasione delle celebrazioni del 25 aprile, del 2 giugno, o di qualche festa patronale dove non mancava di suonare l'harmonium in chiesa scrutando lo spartito da pochi centimetri dietro le sue lenti spesse.

Cappello degli alpini sempre addosso, occhiali scuri, Diamante osservava il mondo curioso, sempre con il registratore sotto braccio e quei nastri a cassetta su cui erano incisi gli inni degli alpini, da ascoltare durante gli alzabandiera davanti alle autorità. Un senso della patria solenne e forse fuori dal tempo, che faceva sorridere molti, ma che negli anni gli ha regalato l'affetto e la stima di tutto il paese. Chiunque prima o poi è passato per il suo mitico scantinato, un vero e proprio museo pieno di reperti storici più o meno veritieri sui quali narrava storie lontane nel tempo e nello spazio: le palle di Annibale ad esempio, che restano nell'immaginario collettivo forse l'oggetto più chiacchierato e raccontato al bar o nella piazza locale. Quando si è un mito non mancano poi le imitazioni: quella di Luigi rimane la migliore, che indossando occhiali e cappello sapeva coglierne frasi tipiche e tic, suscitando simpatia in ogni occasione.

Con la scomparsa di Diamante ieri a Roma, se ne va insomma un tassello importante di un paese montano che va spopolandosi, e soprattutto un'importante memoria di quello che è stato, che si spera potrà essere valorizzato un domani dalla famiglia e dalla proloco locale. A Diamante, un caloroso ringraziamento per quello che ha fatto per il suo paese e la sua terra, e la certezza che l'avranno accolto in cielo con la bandiera e l'inno, proprio come sarebbe piaciuto a lui, davanti a tutte le autorità di un tempo che non c'è più. A lui il compito di raccontare cosa succede lassù, giorno dopo giorno. Sempre che vendano i quadernini, da quelle parti.

lo scrivente E.C.

Il presidente suda

Cerco mani che battono e non le trovo. Ma gli applausi ci sono, escono da un altoparlante. Come in una sit com.

La visita di Berlusconi ad Onna per inauguare le nuove case dopo il terremoto. Tanto per mettere i puntini sulle i, sempre che non siano crollate pure quelle. L'altro racconto, lo trovate qui.

Reportage: tre giorni tra gli sfollati di Villa S.Lucia (AQ)

bocciodromo_villaSe il buongiorno si vede dal mattino, entrare in paese dalla naturale porta di ingresso della statale 17bis del Gran Sasso rende bene l'idea della situazione drammatica che vi si potrà trovare. Villa Santa Lucia degli Abruzzi è un paese di una sessantina di anime, a 40 km in linea d'aria da L'Aquila, sulla strada che dalla statale per il capoluogo sale su verso Castel del Monte e poi Campo Imperatore. Un paese piccolo, con una piazza, un bar, una chiesa, un campo di calcio e un cimitero, senza molte pretese, all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo. Da circa 26 anni è il paese dove trascorro parte delle vacanze estive, invernali, e svariati weekend durante l'anno: ci vive la nonna paterna, e sono spesso da quelle parti anche cugini e zii. Ho una casa in cui abito, un'altra più piccola finita di ristrutturare da poco appena adiacente e un terzo appartamento che affittiamo a chi cerca un po' di pace per un weekend, o per trascorrere le vacanze estive e che su questo sito è reclamizzato più in basso con il nome "Casa Ciccsoft". Da circa dieci giorni Villa è anche uno dei 49 comuni colpiti dal devastante terremoto del 6 aprile scorso.

Entrare in paese, dicevo, lascia subito disorientati: la statale è completamente chiusa e il traffico viene fatto deviare su stradine secondarie in mezzo ai campi, che costeggiano la frazione Carrufo, e risalgono una volta superato il paese proprio sotto casa mia, sull'aia antistante il cimitero. Non passano corriere, non passano camion o mezzi pesanti: il paese è completamente isolato a causa di alcuni edifici prominenti la strada che in apparenza presentano appena qualche crepa ma che all'interno sono parzialmente crollati o comunque dichiarati non agibili.
A differenza del capoluogo abruzzese, dove è crollato l'intero centro storico e in larga parte sarà necessario radere al suolo per ricostruire, Villa mantiene apparentemente la sua dignità esteriore. Non fosse per le recinzioni che circondano gli edifici pericolanti e le numerose transenne che impediscono di girare liberamente per il paese sembrerebbe tutto a posto. Ma non è così. La zona più colpita è la piazza principale: una grossa casa di tre piani presenta delle crepe profondissime e se continuano le scosse rischia di collassare da sola. Era stata da poco ristrutturata e nonostante tutto sarà probabilmente demolita. Insieme ad essa la casa poco distante che un tempo si affacciava come baluardo sulla piazza, proprio sopra la tettoia del mitico Bar Bellavista, ormai chiuso da anni. Le crepe sono così profonde che l'intero edificio si è appoggiato letteralmente a quello a fianco, che a sua volta ha messo a rischio quello a fianco e così via. Un intero blocco di edifici che va dall'inizio della piazza all'attuale bar di Pierino è talmente in bilico che basterebbe qualche nuova scossa sopra la media a farlo venire giù come un castello di carte. Chi ricorda le estati nel grottino di Ezio a seguire Olimpiadi e Mondiali di calcio sa che parliamo di un luogo quasi mitico, come la stretta scalinata davanti, teatro di ritrovi e chiacchiere infantili, o il muretto su cui trascorrono le serate gli adulti del paese.

La via che conduce alla tabaccheria di Bina è chiusa, parte delle strade nella zona più a sud sotto la fonte sono chiuse o pericolose. La chiesa è inagibile e una grossa crepa squarcia la navata centrale, il ristorante aperto da poco è chiuso, i proprietari impauriti scappati verso il mare in attesa di tempi migliori. L'asilo e il comando sono pericolanti, l'edificio che avrebbe dovuto diventare il nuovo alimentari dopo la scomparsa di Fioretta e del suo storico bazar è danneggiato. Il bar, teatro di quel residuo di vita sociale rimasto durante l'anno in paese è stato dichiarato inagibile pochi giorni fa e ha le ore contate. Ci vorranno anni per ricostruire le case danneggiate, o per ottenere i finanziamenti per sistemare quelle agibili. Quel poco di turismo che timidamente iniziava ad affacciarsi complici un paio di bed&breakfast e un ristorante, sparirà nel caos dei mesi che verranno, riportando il paese indietro di vent'anni in una sola notte. Facile capire che il colpo al cuore di questo paese tra le montagne dell'appennino è stato ampiamente dato e il morale della popolazione locale è ampiamente a terra. Non è solo il crollo di una casa a portare disperazione, ma stravolgere le abitudini e l'identità di una terra, cambiarne tradizioni consolidate. A creare disagio è avere ottant'anni e stare in una tenda: che la casa sia crollata con quei quattro mobili vecchi non ha poi molta importanza se non puoi comunque viverci dentro per mesi perché inagibile.

Nuovo centro della vita del paese è ovviamente la tendopoli allestita dalla Protezione Civile. Ai bordi del paese, sul campo di calcetto in cemento 6 grosse tende blu marchiate "Ministero dell'Interno" assicurano riparo da freddo e pioggia per alcune famiglie. Hanno tutto l'occorrente per dare assitenza medica, per le trasmissioni radio e tutto il resto: quando andiamo a vedere la situazione ci mostrano orgogliosi tutta l'attrezzatura, in parte acquistata per passione dagli stessi volontari. E' in casi come questi, ci viene spiegato da un volontario di Cremona, che la Protezione Civile si organizza e opera al meglio. Fino a pochi anni fa era un'organizzazione molto disordinata e in generale durante l'anno le esercitazioni e i test non sono sufficienti a dare compattezza tra i volontari della penisola. Per i bagni vengono utilizzati un paio di wc chimici e quelli degli spogliatoi del campo. Fortuna vuole che verso la fine degli anni ottanta venne costruita una grossa struttura proprio a fianco del campo, un bocciodromo coperto, un grosso capannone quasi mai utilizzato ma perfetto per gestire un'emergenza simile. Qui si sono stabiliti in particolare gli anziani del paese, la maggioranza, creando piccole zone all'interno, una con i letti, una con i tavoli, una per la cucina. I pasti arrivano dalla tendopoli di Castel del Monte e vengono distribuiti in abbondanza a chi è presente in paese anche solo qualche giorno. In un tentativo di ricerca di normalità si celebra perfino la Messa, la domenica mattina alle nove e mezza all'interno del capannone, tra gente che russa ancora e devote raccolte in preghiera.
Di giorno la salita che conduce al bocciodromo e al campo di calcetto funge da nuova piazza, dove incontrare gli sfollati, la gente di passaggio venuta a controllare lo stato della propria casa, e le forze dell'ordine che pattugliano continuamente la situazione. Solo i suv dei giornalisti Rai passano e non si fermano: qui non c'è molto da raccontare o da mostrare a loro avviso.

I più anziani di giorno stanno seduti su seggiole di plastica a far passare il tempo: chi taglia l'insalata, chi gioca a carte, chi guarda per aria triste senza dir nulla. Quando hanno vissuto la Guerra erano giovani ed oggi rimanere fuori di casa è per loro doppiamente faticoso. La notte qualcuno si sveglia per le scosse che non finiscono mai e grida esasperato che vuol tornare a casa, qualcuno non prende sonno, qualcuno russa e disturba gli altri. La convivenza forzata ha i suoi alti e bassi: i bagni non sempre puliti, orari ed abitudini diverse, mancanza totale di privacy. I volontari della Protezione Civile sono presenti per ogni evenienza e stanno svolgendo un lavoro eccellente: sono giunti in elicottero persino degli scatoloni con vestiti e derrate alimentari da distribuire ad ogni famiglia sfollata. Chi può di giorno fa una passeggiata, cerca di riprendere il suo lavoro nei campi, si distrae cercando di non pensare al futuro: qualcuno ha la casa distrutta dove risiede a L'Aquila, è fuggito a Villa per constatare che anche la casa natìa è danneggiata e ora si trova nelle tende, mandando i figli a studiare altrove per non fargli perdere l'anno.

Il pensiero di tutti ora va all'estate, solitamente il momento in cui il paese si ripopola e tornano gli emigranti dal Canada o dal nord Italia dove sono andati a cercare fortuna. Tutte persone che troveranno le proprie case inagibili e forse non verranno del tutto, o dovranno fare i conti con la tendopoli ancora allestita in attesa della ricostruzione berlusconiana che per orgoglio pretende di passare dalle tende alle case senza passaggi intermedi. Niente feste patronali, niente banda che passa tra i vicoli, niente fuochi d'artificio: sul paese è calato un silenzio spettrale e sono appena un paio le case con un comignolo fumante, compresa la mia dove si è rifugiata la mia stoica nonna che resiste solitaria al primo piano mentre al piano di sopra grosse crepe minacciano le camere da letto. Casa sua è inagibile per almeno sei mesi, pare. Il momento di rimboccarsi le maniche non è comunque ancora arrivato, in attesa della fine delle ostilità dopo quasi quattro mesi di scosse da dicembre. Un'attesa logorante per tutti, convinti di non rivedere più il paese come era una volta e come forse a questo punto non sarà più.

L'augurio è che oltre a ricostruire quello che è stato ampiamente danneggiato non ci si perda d'animo e non si lasci morire un paese che iniziava a darsi da fare e a farsi conoscere. Che non si resti in attesa solo dei finanziamenti statali o non si colga l'occasione per furbizie di ogni tipo: c'è bisogno prima di tutto dello spirito degli aquilani, della forza e dell'unione di tutti per proseguire quel cammino che è stato interrotto un mese fa. C'è bisogno che tutti quei cantieri aperti, davvero tanti, vengano ripresi e conclusi, e non rimessi in vendita scoraggiati da ulteriori danni che ora bisogna mettere in conto prima di proseguire con i restauri. Ci sono ancora molte case bellissime da ristrutturare, alloggi, attività commerciali che si possono intraprendere senza attendere pigramente il mero contributo per sistemare il minimo. Nessuno si creda assolto: il dovere morale di proseguire nello sviluppo di una terra è ciò che più di ogni altra cosa dovrebbe stare a cuore a tutti i cittadini colpiti da questa disgrazia. Serviranno anni ma se sapremo guardare oltre il confine del nostro orto e, sistemate le nostre case, rimboccarci le maniche per ricostruire innanzitutto un paese, la sua storia e le sue tradizioni, potremo dire di aver vinto la battaglia.

Le manca Carlo Conti?

(via Rafaeli)

Leggere sul retro la data di scadenza

10 giorni: ecco quantificato lo spazio che si merita il Terremoto in Abruzzo come prima notizia sul noto portale Repubblica.it. Oggi il sisma è stato sopravanzato nella gerarchia dal Caso Santoro. Stessa sorte è toccata anche su Corriere.it

Pure il Corriere di carta ha spostato da pagina 4 in poi il dramma in Abruzzo, mettendo a pagina 3 un articolo celebrativo sui 25 anni della Lega Nord.

Non che questo significhi qualcosa, semplicemente ero curioso di vedere quanto sarebbe durata l'Emergenza secondo Loro.

Underground

Sarà vero?

Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c'erano clandestini, immigrati, extracomunitari. Ammassati come bestie. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all'anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti.

dal videoblog di Claudio Messora

E tutti si girarono dall’altra parte

Napolitano: "Ci sia esame di coscienza. Nessuno è senza colpa".

Che ho fatto di male?

Impossible is nothing

In Italia non ci facciamo mancare proprio nulla. Arriva un devastante terremoto che devasta una regione? Ovviamente scattano le polemiche: "tragedia annunciata".
Tutto perchè qualcuno aveva previsto che sarebbe successo. Senza dire come e quando, però.

La polemica si risolve molto in fretta: non era possibile evacuare l'intera popolazione di una regione per un periodo indefinito. Anche con tutta la buona volontà, non era materialmente fattibile. Fine della discussione.

Non c'era niente da fare, tutto qui. Ed è per questo che ci brucia così tanto, e qualcuno di noi muore dalla voglia di scovare improbabili veggenti: per mandare giù la pillola della Casualità.

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

Le migliori foto di Berlino Do not walk outside this area:
le foto di Berlino

Ciccsoft Resiste!Anche voi lo leggete:
guardate le vostre foto

Lost finale serie stagione 6Il vuoto dentro lontani dall'Isola:
Previously, on Lost

I migliori album degli anni ZeroL'inutile sondaggio:
i migliori album degli anni Zero

Camera Ciccsoft

Si comincia!

Spot

Vieni a ballare in Abruzzo

Fornace musicante

Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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