Guardando la città bianca

Un giorno, per via del freddo, tutto lo smog che respiravano noncuranti divenne una massa grigia simile a neve. Allora finalmente videro, e capirono di avere esagerato con i macchinoni, le industrie, gli impianti di riscaldamento. E non fecero nulla, perché non c'era più niente da fare.

Rimasero a guardare la città ricoperta: in fondo sembrava pur sempre neve.

I muscoli del capitano Schettino

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano. 
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene. 

Quando ho scoperto questo intenso pezzo di Francesco De Gregori facevo il liceo e devo aver preso quella piega romantica che ancora oggi riemerge nei momenti più impensabili. La prima immagine che mi veniva in mente era il famoso quadro di Friedrich, con il viaggiatore che guarda l'acqua frangersi sugli scogli, e pensa alla vita, all'infinito, e guarda dritto l'orizzonte senza paura.

Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero, 
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un pò alla vita. 

Mi piace quest'immagine romantica del capitano che con sguardo fiero, petto in fuori e occhi socchiusi dal troppo vento rimane là, sicuro di cosa deve fare, di come ci si deve comportare. Un esempio per tutti. Non certo come i capitani che ci sono oggi. Di romantico non hanno più molto. Forse rimane l'esperienza, ma in fondo governare una nave altamente tecnologica dev'essere piuttosto semplice finché le cose vanno per il verso giusto. Non è mica da questi particolari che si giudicano i capitani.

E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole qualcosa,
c'è sempre uno che gli risponde. 

Ma capitano non te lo volevo dire, 
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca, 
così enorme, alla luce delle stelle, 
che di guardarla uno non si stanca. 

Il capitano è rispettato e prende le decisioni per il bene di tutti. Quando ordina qualcosa il mozzo esegue senza discussioni, ma la settimana scorsa le decisioni non le ha prese lui o sarebbe andata molto peggio. Non ha nemmeno obbedito agli ordini dei suoi superiori a terra, il capitano Schettino. E' un capitano moderno: celebra i matrimoni a bordo, fa il piacione con le signore attempate, dispensa sorrisi a completi in saldo, a polo inamidate, a cravattini stanchi. Non si prende le responsabilità se qualcosa va male, ma è colpa sua se qualcosa è andato liscio come l'olio. E' un capitano italiano. Non è nemmeno questione di essere capitani: è semplicemente italiano, schietto, semplice e scaltro. Persegue il suo interesse da bravo cittadino.

Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali, 
ed ha un motore di un milione di cavalli 
che al posto degli zoccoli hanno le ali. 
La nave è fulmine, torpedine, miccia, 
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio, 
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia. 

Il problema, capitano, è quando hai per le mani una piccola città. Quando da te dipendono le sorti di migliaia di turisti e lavoratori. Quando hai tutto questo potenziale sotto il culo e lo manovri con la leggerezza di chi tiene un chiosco di gelati. Se si distrae lui al limite si scioglie della crema, ma se lo fai tu, pluridecorato ed apprezzato professionista del mare, va a finire male. Ed è andata a finire anche bene, capitano Schettino, dalla tua idea di avvicinarti a riva per fare un salutino fino alla tua fuga alla chetichella per salvare le venerabili chiappe. Ti è andata bene che alla fine non sei dovuto tornare a bordo come ti hanno chiesto al telefono. Hai detto si, si, ora vado e poi sei rimasto giù perchè era buio e stava affondando tutto e l'ultimo dei tuoi pensieri era voler andare a picco con la tua nave, capitano. Non sei certo un eroe romantico come quello di De Gregori. Sei italiano, si salvi chi può, ognuno pensi per se stesso, come ci ha insegnato la peggiore classe dirigente di un paese europeo dal dopoguerra ad oggi.

In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento, 
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.

Il vostro futuro è tutto qui: un gigante riverso davanti un'isola bellissima che ora ha paura di quello che succederà, se il gigante vomiterà olio nero, se i rottami inquineranno le acque e la gente e i media non lasceranno l'isola alla sua tranquillità. Cent'anni dopo il più grande disastro marino della storia un incidente moderno che si poteva evitare, capitano, fossi stato meno cocciuto, meno sbruffone, meno sicuro di te, che in fondo non lo eri proprio per niente se al tuo confronto un tuo superiore che ti intima di fare il tuo dovere diventa addirittura un eroe, quando ha semplicemente svolto il suo compito in maniera ordinata e precisa. Forse hai peccato di superbia pensando di poter governare quella barchetta come volevi. Forse le leggi della fisica per te non valevano. O siete tutti pieni di prosopopea voi capitani, e le cose vanno sempre a finire nello stesso modo.

E il capitano disse al mozzo di bordo 
"Giovanotto, io non vedo niente. 
C'è solo un pò di nebbia che annuncia il sole. 
Andiamo avanti tranquillamente". 

L’incredibile seggiovia di Lido di Spina

Se come me siete nati negli anni Ottanta non avrete forse mai sentito parlare di questa bizzarra architettura ormai invisibile nel paesaggio dei nostri lidi. Trattasi della prima seggiovia biposto ad ammorsamento fisso in Italia, costruita dalla ditta Nascivera nel 1968 nei pressi della località di Lido di Spina in provincia di Ferrara. La seggiovia era al servizio del camping Spina e portava i clienti in spiaggia costeggiando la riserva naturale della Sacca di Bellocchio in circa 15 minuti. Era lunga mt. 1006 e aveva 10 piloni di appoggio di cui due di ritenuta (partenza e arrivo). In linea c'erano 127 seggiole biposto colorate. Venne smantellata dopo sei anni per problemi di corrosione legati all'ambiente marino.

Di seguito alcune foto dell'epoca davvero suggestive. Saranno i colori, o le macchine anni sessanta bianche parcheggiate sotto e l'idea di arrivare in spiaggia dall'alto godendosi il panorama invece del caos sulla Romea, ma non riesco a smettere di guardarle affascinato da un paio di giorni.

(il materiale è tratto da Funiforum.org, grazie a Matteo per la segnalazione)

Quella sensazione di normalità in politica

La straordinaria tempestività con cui un membro del Governo Monti, il sottosegretario Malinconico, si è dimesso a poche ore dallo scoppio di uno scandalo che lo riguarda ci fa applaudire un gesto che altresì dovremmo guardare con sdegno per il reato che in verità lo ha causato. Non siamo più abituati al buon senso, alla politica fatta di persone che sono capaci di fare un passo indietro quando è necessario, che non urlano, non vanno ai talk show sguaiati in televisione. Cose che in molti altri paesi europei sono la prassi minima dello stare in politica. I nuovi ministri hanno un rigore estraneo ai costumi soliti dell'italietta, sono colti e preparati, hanno brillanti carriere alle spalle e punti di eccellenza nelle loro competenze, tutto un altro mondo rispetto quanto ci aveva abituato la politica italiana degli ultimi vent'anni. Da tempo sostenevo la necessità di un esecutivo tecnico che fermasse la palla per un po' di tempo e si prendesse cura del paese malato facendo tacere la rissa continua di dichiarazioni da tiggì a chi offende di più. Confesso che trovo tutto questo bellissimo.

Mi piace l'austerità di Monti, il suo humour british e posato, lo stile asciutto e serio del ministro del lavoro Fornero e il look tatcheriano di quello dell'Interno Cancellieri. Niente veline, niente giovanotti arroganti servi del potente di turno (ricordate Capezzone spuntare all'ora dei pasti?), niente barzellette, mortadelle in parlamento, cartelli, schiamazzi. Eppure questa gente è ancora tutta al suo posto in parlamento se non che - deo gratias - non la dobbiamo ascoltare tutti i santi giorni. Sarà davvero interessante vedere come l'Italia riuscirà a superare la fase Monti di lacrime e tasse, come potrà accantonare un domani tutto questo per tornare alle urne e votare di nuovo una delle solite facce della Seconda Repubblica tornando al vecchio modo populistico di fare politica. Sarà come aver fatto la dieta per un periodo e ritrovarsi costretti poi a dover mangiare al ristorante tutti i giorni piatti grassi e succulenti. Avremo lo stomaco chiuso da mesi di privazioni e non avremo più voglia di vedere ancora i politici da Vespa, a litigare al telegiornale, ad occuparsi le poltrone, a fare a cazzotti in parlamento e a fare i propri comodi in attesa del vitalizio d'oro. Ed è un vizio dell'intera classe dirigente italiana che oggi siede in Parlamento.

Forse per ripartire dopo Monti un domani, servirà azzerarla del tutto proponendo facce nuove, ma è noto che in Italia questo meccanismo non è mai avvenuto e per nostra natura mai avverrà. Tanto meglio allora avere al governo dei tecnici, esperti nei loro campi in grado di governare ed amministrare il Paese con serietà e non per proprio tornaconto. A chi affidereste il ministero della Difesa se non ad un esperto militare? A chi quello della giustizia se non ad un magistrato? Da chi preferite farvi tagliare il prosciutto: dal macellaio o dal benzinaio? I denti ve li cura un amico architetto o un dentista? Ad ognuno il suo mestiere. Io al primato della politica non ho mai creduto tanto.

L’otto gennaio del duemiladodici

Ho girato per dieci anni con una data precisa in tasca: l'otto gennaio del duemiladodici. Una data lontanissima che sapeva di futuro: duemiladodici. Ogni volta che aprivo il portafoglio e leggevo quella data di scadenza sulla patente mi sembrava così remota nel tempo da non riuscire ad immaginarmi come sarei stato quel giorno. Dove sarei stato. Quale persona sarei diventato.

Avevo diciott'anni, i capelli mossi tagliati corti con residui di colpi di sole dall'estate festosa post diploma, ero da poco iscritto ad Ingegneria di cui avevo sostenuto appena un paio di esami. Era la seconda volta che ripetevo l'esame per la patente perché alla prima, il giorno dell'anniversario della morte di Freddie Mercury, avevo sbagliato all'ultimo una guida ormai finita perfettamente, non vedendo una macchina arrivare uscendo da un incrocio. "Accosti qui - mi disse rammaricata l'esaminatrice - capisce bene che non posso darle la patente, anche se era andato così bene... cosa le è successo?". Il mio rammarico era non avere sulla patente la data per me fondamentale dell'anniversario di Freddie Mercury, e dover aspettare tutto il periodo delle feste per riprovarci. Problemi da diciottenni. Ma dicevamo dell'otto gennaio. Quel giorno mi era capitata casualmente la stessa esaminatrice: questa volta faccia attenzione, mi raccomando. Esame pulito e rapido, patente firmata accostando giù di strada davanti alla palestra del Barco. Era l'inizio di una nuova vita, di una maggiore indipendenza, di una serie interminabile di viaggi e di giretti per la bassa a scoprire cosa c'era al di fuori delle mura cittadine.

Oggi ho ventotto anni, i capelli tagliati cortissimi, quei pochi che restano. Ho cambiato tre paia di occhiali. Non sono più uno studente da qualche tempo, ho un paio di lavori, una partita iva, poche idee ma molto confuse sul futuro e nessun programma preciso in testa. Ho ancora la stessa macchina di quando ho preso la patente: una Fiat brUno dell'89 che ha girato ormai l'Europa. Ho ancora le scarpe che avevo quel giorno, non si sono rotte e le ho tenute, anche se sono nell'armadio e non le metto più. Ho ancora i jeans di dieci anni fa, ma fatico ad entrarci. Non ho più il primo portachiavi dell'auto con un simpatico bracchetto in silverplate ed ora mi è rimasto solo l'anello con la chiave. C'è crisi.
Ieri, otto dicembre duemiladodici, ultimo giorno di patente, è stata una giornata diversa da come forse la immaginavo a diciotto anni. Mi sono svegliato tardi nella nuova casa che mi hanno comprato, ho pranzato con mia mamma e ho fatto una passeggiata a piedi al sole contemplando la campagna verde nonostante l'inverno. Mi sono perso nei tuoi occhi verdi mentre mi dicevi che sapevi cos'era una wpa e ti ho stretto forte mentre saltellavi felice di questi giorni e di quanto siamo fortunati. Ho cercato un vino da portare a chi ne aveva bisogno e ho trovato solo bottiglie aperte ormai marsalate così mi sono presentato a mani vuote ad ascoltare una storia triste con le lacrime agli occhi, cercando di parlare d'altro, concentrandomi sui formaggi stagionati e gli amari freschi. Ho letto il dizionario e accarezzato il gatto, ho superato la mezzanotte per guidare con la patente scaduta come un fuorilegge qualunque.

Così è stato il mio otto gennaio duemiladodici: una giornata tranquilla e serena in compagnia delle persone cui voglio più bene. Quello che sono diventato non so se avrebbe fatto felice il me di dieci anni fa, con i suoi pensieri e progetti di allora, ma a conti fatti direi che gli è andata piuttosto bene. Prossimo appuntamento: nove gennaio duemilaventidue. Un numerone.

Il commesso gentile

Quando entri in un negozio di abbigliamento ci sono solo due possibilità: il commesso deve vendere a tutti i costi e ti si getta addosso affamato con una frase che nella migliore delle ipotesi suona come "posso aiutarti?" e nella peggiore come "se hai bisogno chiedi pure" che in entrambi i casi a me suonano come "se non devi comprare levati dalle palle e non farmi perdere tempo", con la differenza che alla prima si può rispondere "sto solo dando un'occhiata" mentre la seconda ti insinua un senso di colpa dovuto al tono seccato del commesso a cui non ti sei rivolto come prima cosa entrando.

Il cliente ideale entra, dice buongiorno e chiede subito indicazioni al commesso, poi prova, compra, paga, saluta di nuovo ed esce. Questo non sono io. Il sottoscritto invece data una rapida occhiata e constatato che si, ci sono capi interessanti ma per provarli deve passare sul cadavere assillante del commesso, esce in fretta e rinuncia ad ogni intento di acquisto. Uscendo non saluta, e in molti casi trova pure il commesso che ci tiene e dice acidamente: arrivederci! ottenendo indietro un timido borbottio di chi era già con un piede oltre la porta.

Ma dicevamo ci sono solo due possibilità: la seconda è che il commesso sia indaffarato o che il negozio sia talmente grande che nessuno ti chiede niente quando entri, come nei casi di grandi magazzini con abbigliamento a prezzi modici. Questi sono i negozi che piacciono a noi timidi. Una volta dentro provi quello che ti pare, non devi ascoltare il commento del commesso che pur di venderti qualcosa ti dice che stai bene con la camicia color caco e pochi minuti dopo pure con la berretta con il pon pon fucsia mentendo spudoratamente. La camicia caco che hai provato per fare l'alternativo puoi rimetterla tranquillamente giù tutta stropicciata e scappare alla chetichella senza la minima interazione con esseri umani. Se poi decidi per l'acquisto non hai nessuno a dirti che la la berretta con il pon pon fucsia che hai scelto ti sta davvero male addosso, anche perché il commesso di sicuro non lo farebbe mai. Massima liberta dunque.

Noi timidi infatti, le rare volte che entrando decidiamo di affidarci al commesso, sappiamo già come va a finire. Provati pantaloni, camicie, giubbotti o qualsiasi altro capo che con infinita pazienza ci viene proposto in varie fogge e taglie, non siamo affatto capaci a dire di no e ci sentiamo in dovere di uscire con qualcosa in mano, per non deludere il commesso, per non aver fatto perdere tempo invano al commesso, per ripagare il lavoro del commesso. Quel commesso gentile che è stato messo li apposta, con la sua faccia pulita e il suo sorriso affabile, per quelli come noi che ci caschiamo sempre e apriamo il portafoglio per sopperire alla nostra incapacità comunicativa.

Breve galateo delle mostre d’arte

Alle mostre meglio andare da soli o in compagnia? E se si va in compagnia si guardano le cose insieme aspettando gli altri o ognuno va per conto proprio secondo il suo passo e i suoi gusti? Allora tanto vale andare da soli?

Se si va insieme poi ci si ferma davanti ai quadri a commentarli a voce alta? Non è che si disturba l'altra gente?

Se si commenta il quadro sostandovi davanti, a che distanza è meglio stare per non disturbare gli altri? Io vorrei vedere da vicino le pennellate di un quadro ma se mi avvicino troppo la gente dietro non vede niente e sbuffa, mi riprende, l'allarme suona e mi riprende, l'addetto auser della sala mi riprende.

Inoltre: da che lato si comincia a visitare una sala? Orario? Antiorario? C'è una regola precisa e sensata che è quella che l'allestimento dovrebbe suggerire (ma spesso non fa)?

Perché non si possono fare foto alle opere senza flash ma si può sostare con un taccuino per venti minuti e disegnare uno schizzo?

Questo mi è venuto in mente visitando ieri la mostra Gli anni folli a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, appena in tempo prima della chiusura. Le altre cose che volevo appuntare qui sono che è molto bella seppure come al solito piuttosto corta e gli spazi di Palazzo Diamanti a mio avviso scarsi, che vale la pena andarci nonostante la coda in questi giorni (chiude l'8 gennaio), che ho scoperto un autore che non conoscevo che si chiama Kees van Dongen e mi sono innamorato di un suo quadro che è questo qui, e che dovrei appuntarmi più spesso i nomi degli autori che mi piacciono mentre giro un museo. Un'altra opera bellissima che ho visto non la ritrovo nel sito della mostra ed ora andrà perduta come lacrime eccetera eccetera. Mi è altresì venuto in mente, girando per la mostra, che c'era un altro quadro che mi aveva colpito al Museo di arte contemporanea Filippo De Pisis e non mi ricordo autore né titolo. Toccherà tornarci quanto prima a vedere, se nel mentre chiarisco i dubbi di cui sopra.

I font di The Artist sono tutti sbagliati

Il film più curioso del momento è senza dubbio l'omaggio al cinema muto del regista francese Michel Hazanavicius con il suo The Artist, che reduce da premi e plausi della critica sta andando bene al botteghino complice il passaparola incuriosito su questo film anomalo. Niente da dire, la trovata è simpatica e nonostante l'assenza del parlato il film è godibile da inizio a fine senza momenti di impasse. Magnifici i costumi e l'interpretazione dei due protagonisti, superlativa la colonna sonora davvero calzante e simile alle grandi orchestrazioni della Hollywood dei tempi d'oro. Tutto bello, tutto riprodotto fedelmente, ma ahimè la tecnica di oggi ha in alcuni punti preso troppo la mano penalizzando la riuscita complessiva della pellicola, così che la fedeltà low-fi di un film volutamente antico è suonata finta in più di un momento.

Prima di tutto la grana della pelicola è completamente assente: nessuna bruciatura, intoppo nel flusso audio e video, sbvatura e polvere, nessuna vignettatura dell'immagine come si usava all'epoca. Nelle scene iniziali si mostra un cinema e la gente che guarda uno schermo enorme, che sembra uscito dai multiplex del duemila: immagine perfetta, bordi nitidi e nessun segno dell'imperfezione tecnica che c'era nel 1927. Il digitale impoverisce insomma un po' tutto rendendo ogni cosa pulita ed ordinata come un film dei nostri tempi.

Ma veniamo al tasto più dolente: sin dai titoli di testa si rimane un po' male vedendo l'uso di font moderni per riprodurre le scritte a video. Nel 1927 tali titoli erano per lo più disegnati a mano e quindi molto imprecisi e semplici. La scelta di utilizzare un font dallo stile retrò danneggia fin dal primo minuto l'idea complessiva di fare un film in tutto e per tutto retrò. Nei film dell'epoca erano certi dettagli a dare il senso del lavoro che c'era dietro: confrontando una g con un'altra g si notava talvolta che erano scritte diversamente, ma se si utilizza un font da computer ogni lettera sarà banalmente uguale alle altre. Sorvoliamo poi che si sia usato un tipo di font tipicamente da film noir e non sentimentale come la nostra pellicola doveva essere.
Poche scene più tardi la stampa si accalca all'uscita del cinema per fotografare il protagonista: i cartellini PRESS che calzano sul nastro del cappello sono addirittura in Helvetica (o forse un Arial, servirebbe un fermo immagine per esserne sicuri), un carattere tipografico che non farà la sua comparsa almeno fino al 1957.
E ancora: i magazine e rotocalchi finti mostrati, i titoli di finti film di cui vengono mostrate locandine, titoli di coda e tanto altro materiale in tutto il film è reso con font tipografici da computer degli ultimi dieci o quindici anni, certo con un saporè decò ma senz'altro non fedeli a quanto si poteva ottenere all'epoca manualmente o con le macchine in uso in quei tempi.

Nello stesso errore era già incappata la bellissima sigla iniziale di Mad Men, coerente stilisticamente all'epoca del telefilm ma che scivolava clamorosamente in una scritta di poco conto sullo sfondo (al minuto 0:20), composta in un font di Microsoft Office. Errori perdonabili? In una sigla probabilmente si, ma in un film intero sono il sintomo di una frettolosa ricerca iconografica e poca cura per i dettagli. Spesso ciò che hanno reso grande un regista o celebri scene che oggi tutti mandiamo a memoria.

Zeitgeist 2011

Per chi ha fretta il riassunto è: anno scarsino musicalmente. Molto scarsino.
Quella che segue è invece nel dettaglio la solita classifica finale della musica ascoltata ed amata da queste parti, ad anno appena chiuso.

SINGOLI PIU’ ASCOLTATI (per numero di ascolti, su iTunes, iPod, iPhone)
1. Ex Otago - Costa Rica
2. Ex Otago - Gli Ex-Otago e la Jaguar gialla
3. The Strokes - Under cover of darkness
4. The Girls - Vomit
5. Band of Horses - Cigarettes, Wedding bands
6. Mogwai - How to be a werewolf
7. Subsonica - La funzione
8. Dente - Saldati
9. Fleet Foxes - Helplessness blues
10. Radiohead - Morning Mr. Magpie
11. Marta sui tubi - DiVino
12. Joan as a policewoman - The magic
13. Verdena - Miglioramento
14. Radiohead - Little by little
15. Iron & Wine - Tree by the river

ALBUM PIU’ ASCOLTATI (in ordine più o meno cronologico)
Mogwai - Hardcore will never die, but you will
Iron & Wine - Kiss each other clean
John Legend & The Roots - Wake up!
Verdena - Wow
Jovanotti - Ora
Radiohead - The Kings of Limbs
Cristina Donà - Torno a casa a piedi
R.E.M. - Collapse into now
Anna Calvi - Anna Calvi
Subsonica - Eden
Ex-Otago - Mezze stagioni
Strokes - Angles
Marta sui tubi - Carne con gli occhi
Archive - Controlling crowds
Carlo Rosa e le spine - La modernità è finita
Gonjasufi - A sufi and a killer
Agnes Obel - Philarmonics
I Cani - Il sorprendente album d'esordio dei Cani
Beirut - The rip tide
Brunori sas - Vol.2 Poveri Cristi
dEUS - Keep you close
Girls - Father, son, holy ghost
Wilco - The whole love
Adele - 21
Dente - Io tra di noi

ALBUM ITALIANO DELL’ANNO
1. Ex-Otago - Mezze stagioni
2. Verdena - Wow
3. I Cani - Il sorprendente album d'esordio dei Cani

ALBUM STRANIERO DELL’ANNO
1. Mogwai - Hardcore will never die, but you will
2. Iron & Wine - Kiss each other clean
3. Radiohead - The kings of limbs

MIGLIORI LIVE (in ordine più o meno cronologico)
Diaframma @ Renfe, Ferrara
Band of Horses @ Estragon, Bologna
Non voglio che Clara @ Arteria, Bologna
Massimo Volume @ Covo, Bologna
Giorgio Canali @ Zuni, Ferrara
Carlo Rosa @ Zuni, Ferrara
Agnes Obel @ Villanova di Castenaso (BO)
Ex-Otago @ Covo, Bologna
Sufjan Stevens @ Teatro Comunale, Ferrara
Explosions in the sky @ Estragon, Bologna
Coconutz @ Festa dell'Unità Copparo (FE)
Verdena + Dinosaur Jr @ Ferrarasottolestelle
The National + Beirut @ Ferrarasottolestelle
Arcade Fire @ Lucca
Subsonica @ Ferrarasottolestelle
Kaki King @ Botanique, Bologna
Offlaga Disco Pax @ Zevio (VR)
I Cani @ Covo, Bologna
Calibro 35 @ Bronson, Ravenna
Zen Circus @ Locomotiv, Bologna
Dente @ Estragon, Bologna

RISCOPERTE MUSICALI (roba vecchia ripescata e consumata)
Leonard Cohen
Diaframma
Massimo Volume
Archive
Bonobo
The Doors
Yann Tiersen
Dinosaur Jr
Beach Boys
The Pogues
NEU!
The Avalanches
Boney M
Smashing Pumpkins
Eels
The Rapture

I messaggelli di auguri nel 2012

Dice mia mamma che non le ho nemmeno mandato un messaggino di auguri la notte di capodanno. Io ne avrò ricevuti quattro o cinque, quando una decina di anni fa la prima preoccupazione di tutti dopo la mezzanotte era bombardare l'intera rubrica con qualche frase originale di augurio da inviare per sms trovando la rete cellulare intasata e consumando tutti i bonus delle Christmas card di turno.

Dice mia mamma che potevo allora telefonare, tanto ho le chiamate gratis. A parte che le suddette chiamate le pago, in maniera forfettaria ma le pago, ma nemmeno io ho ricevuto alcuna chiamata a capodanno, né ho chiamato nessuno per gli auguri come si usava fare tanti anni fa con parenti ed amici lontani. Altri tempi.

Dice ancora mia mamma: non vi fate più gli auguri a Natale e Capodanno?
Dice mia sorella: ora c'è Facebook, usiamo quello.
Dice mia mamma: ah ecco, meno male.
Dico io: si ma non li mandiamo mica ad una persona precisa. Scriviamo qualche frasetta simpatica, mettiamo una foto sulla bacheca così che la possano leggere tutti gli interessati e via andare. Tolto il pensiero.

Siamo una generazione spiccia, un po' vuotina ma indubbiamente spiccia.

Buffet

Le migliori foto di LondraNote sparse su alcune cose curiose
trovate a Londra

Le migliori foto di Berlino Do not walk outside this area:
le foto di Berlino

Ciccsoft Resiste!Anche voi lo leggete:
guardate le vostre foto

Lost finale serie stagione 6Il vuoto dentro lontani dall'Isola:
Previously, on Lost

I migliori album degli anni ZeroL'inutile sondaggio:
i migliori album degli anni Zero

Camera Ciccsoft

Si comincia!

Spot

Vieni a ballare in Abruzzo

Fornace musicante

Cocapera: e sei protagonista

Dicono di noi

Più simpatico di uno scivolone della Regina Madre, più divertente di una rissa al pub. Thank you, Ciccsoft!
(The Times)

Una lieta sorpresa dal paese delle zanzare e della nebbia fitta. Con Ciccsoft L'Italia riacquista un posto di primo piano nell'Europa dei Grandi.
(Frankfurter Zeitung)

Il nuovo che avanza nel mondo dei blog, nonostante noi non ci abbiamo mai capito nulla.
(La Repubblica)

Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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