L'originale, da leggere prima, è qui.
Sabato, mentre io e Attimo mettevamo i dischi in balera a Casumaro, è entrato Pupo.
Così: in un non brillantissimo sabato sera post-festivo (peraltro più affollato di quanto l'infelice collocazione da day after di Halloween facesse presagire), mentre stavo passando un po' di classici della Romagna, mazurka, fox trot, valzerini, il piccolo e arcinoto musicista italiano (noto per essere il conduttore di un fortunato quiz preserale, tra le altre cose) è entrato dall'ingresso di via Lenin come un avventore qualsiasi. Si è messo in coda coi suoi amici, si è fatto pagare da bere, ha promesso un paio di volte di offrire lui il prossimo giro, e si è messo a ballare. Io, da grandissimo fan delle sue canzonette, ho rischiato di svenire, e ho continuato a mettere i dischi con il cuore a mille e l'ansia da prestazione di chi si trova davanti a uno dei suoi piccoli (in ogni senso) idoli.
Avevo sempre saputo che portarmi nella valigetta una copia del tendenzialmente imballabile Su di noi prima o poi sarebbe servito a qualcosa; così, quando abbiamo fatto partire il pezzo in questione, Pupo ha reagito con lo stile tranquillo e sportivo che gli si confà: ha alzato le dita in segno di vittoria, e si è messo a fare il karaoke sulla sua stessa canzone, tra le vecchie felici, i mariti con le fotocamere che lo immortalavano e agli amici che ridevano perchè sapevano che a questo punto non avrebbe offerto più da bere. Ha fatto un paio di richieste, subito accontentate (Toto Cutugno e «qualcosa di romagnolo»; abbiamo messo L'Italiano e Lauretta mia, e pare aver gradito), e alle tre passate, sulle note di Maria Elena dei Los Indios Tabajaras, ha lasciato il locale.
Così.
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Sabato, mentre io e Rachele mettevamo i dischi al Torino, è entrato Sir Oliver Skardy dei Pitura Freska.
Così: in un non brillantissimo sabato sera post-festivo (peraltro più affollato di quanto l'infelice disposizione dei tavoli permettesse), mentre stavo passando un po' di classici reggaeton da cazzeggio, il bidello musicista veneziano (noto per essere più popolare di Cacciari e forse del Doge, nella sua città, tra le altre cose) è entrato dal retro del club di Campo S. Luca come un amico dei gestori. Si è messo in coda coi suoi amici, ha pagato due giri di spritz per tutti, ha fatto su offrendo agli astanti, e si è messo a ondeggiare lentamente. Io, da grandissimo fan del compianto gruppo ska veneto, ho rischiato di svenire, e ho continuato a mettere i dischi con il cuore a mille e l'ansia da prestazione di chi si trova davanti a uno dei suoi piccoli idoli.
Avevo sempre saputo che portarmi nella valigetta una copia del tendenzialmente imballabile Na bruta banda prima o poi sarebbe servito a qualcosa; così, quando abbiamo fatto partire Pin Floi, Skardy ha reagito con lo stile tranquillo e sportivo che gli si confà: ha tirato un bestemmione alzando le dita in segno di vittoria, e si è messo a ballare la sua stessa canzone, in mezzo agli amici che ridevano e le ragazze impazzite che gridavano come ochette "Io Venezia la ooodiooo". Ha fatto un paio di richieste, subito accontentate (i Casino Royale e «qualcosa dei Coconutz»; abbiamo messo Bonnie e Clyde e La puzza dei ricordi, e pare aver gradito), e alle tre passate, sulle note di Laurel Aitken, si è addormentato ad un tavolino mentre gli fottevano il fumo.
Così.
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Sabato, mentre io e Cagnazz mettevamo i dischi al Renfe, è entrato Francesco Bianconi.
Così: in un non brillantissimo sabato sera post-festivo (peraltro più affollato che nell'infelice serata di Halloween a base di ragnatele e dance commerciale), mentre stavo passando un po' di classici indie spinti, il romantico musicista italiano (noto per la sua capigliatura, la voce profonda e il successo con le donne, tra le altre cose) è entrato dall'ingresso di via Bologna come un fighetto qualsiasi. Si è messo in coda coi suoi amici, non ha pagato perchè l'hanno riconosciuto, ha preso da bere sempre aggratis, e si è messo a ballare. Io, da grandissimo fan dei Baustelle, ho rischiato di svenire proprio come la maggior parte delle ragazzine, ho lasciato Cagnazz in console e mi son fatto un cubalibre triplo con il cuore a mille e l'ansia da prestazione di chi si trova davanti a uno dei suoi idoli.
Avevo sempre saputo che portarmi nella valigetta una copia del tendenzialmente imballabile Sussidiario illustrato della giovinezza prima o poi sarebbe servito a qualcosa; così, quando abbiamo fatto partire La canzone del riformatorio, Bianconi ha reagito con lo stile tranquillo e sportivo che gli si confà: ha chiesto scusa agli amici, si è allontanato venendo verso la console, intimandomi di toglierla e di fare poco il furbetto. Mi ha proposto proprio proprio di mettere il loro ultimo singolo, che non avevo con me perchè il cd si inceppa sempre a causa delle tracce nascoste. Ha fatto un paio di richieste, subito accontentate (Franco Battiato e «qualcosa che spacca»; abbiamo messo Voglio vederti danzare e Tourette's dei Nirvana, e pare non aver gradito), e alle cinque del mattino, sulle note di I just can get enough dei Depeche Mode, si è acceso una paglia, soffiandomi il fumo sulla faccia in segno di gradimento.
Così.