Ragionando però in prospettiva, concediamoci una liberatoria ammissione. Diciamocelo, ora siamo tutti quanti un po' più sollevati, dopo aver assistito al massacro della nazionale campione del mondo in carica. Questo clima tranquillo da pascolo sui prati verdi della Svizzera lasciava presagire bruschi risvegli e puntualmente, il Disastro si è compiuto. Ora si ripiomba in un terreno a noi più consono, la famigerata Ultima Spiaggia, il topos giornalistico della Partita della Vita, del Riscatto, della Resurrezione. Evidentemente sappiamo fare solo i miracoli, la normale amministrazione proprio non ci garba.
E dunque attendiamo la sfida decisiva di venerdì prossimo contro la Romania con il sorriso stampato sulle facce (ancora incredule guardando il punteggio di ieri sera) e le birre belle fresche in frigo. Finalmente la retorica sui Campioni del Mondo è spazzata via, Donadoni è tornato ad essere un brocco capitato lì per caso, i giocatori da semidei riassumono le sembianze di figuranti senza nerbo, fiato, palle, ecc. Dai, diciamocelo a noi stessi, che non vedevamo l'ora. Il vero Europeo italiano, quello del "tutti a casa" oppure della Riscossa "inaspettata", deve ancora iniziare.
Impossibile però non fare i conti con l'assurda disfatta di ieri sera. Il campo ha sentenziato le nostre mancanze su tutti i fronti: fisico (i nostri contropiede venivano abortiti per mancanza di fiato), mentale (vero, una mezza reazione c'è stata, ma non ringhiosa, e in generale la sensazione di annebbiamento e confusione era palpabilissima) e tattico (Donadoni ha clamorosamente toppato la formazione, non tanto per gli uomini schierati quanto per la disposizione in campo). Le dimensioni rotonde del risultato (3-0, fatico a ricordarmi simili spettacoli penosi) indicano che non esiste nessun appiglio plausibile, sebbene le circostanze del gol potrebbero offrire qualche spunto, ma è stata una sconfitta a priori, anche se è scontato affermarlo a posteriori. Eppure l'evidenza è sotto gli occhi di tutti: non esiste un'idea granitica di questa Nazionale. Donadoni ha lavorato di ricamo, senza plasmare, con il risultato di avere un abbozzo di squadra, un reticolo pieno di buchi e collegato da fili sottili. Laddove Lippi aveva letteralmente forgiato un monolito azzurro, ora invece ci ritroviamo una Nazionale Italiana che non fa della difesa il suo punto di forza (!), che si permette di schierare un centrocampo a tre con giocatori spompati, con un attacco friabile come un grissino. Chiedere scusa è un gesto politicamente accorto, forse sufficientemente retorico per rituffarci nel mare delle nostre angoscie nel quale diventiamo squali, ma potrebbe anche suonare come una resa anticipata. O, peggio ancora, come un'ammissione dei propri limiti. Sospinto da pesanti ricordi mondiali che fanno da zavorra piuttosto che stimolo per il Riscatto, nell'aria dei pascoli svizzeri spira il forte vento dell'Inevitabile.
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